Sampdoria, riecco il circo dei Ciarlanthani. Ma forse basterebbe solo un dg

di Maurizio Michieli

4 min, 43 sec

Arabi, americani, Mancini, stipendi non pagati e squadra che non si allena: il solito campionario di bestialità di fronte a una crisi tecnica e di gestione

Sampdoria, riecco il circo dei Ciarlanthani. Ma forse basterebbe solo un dg

La Sampdoria è in evidente crisi di risultati e puntuali come la morte iniziano a circolare, in rete ma non solo, le solite notizie. Il campionario è vasto e assortito: 1) via Sottil, ecco Roberto Mancini; 2) con Mancini arrivano pure gli arabi, magari in cordata con gli americani, così può realizzarsi il sogno di Vialli; 3) a Bogliasco non si allenano, giusto un'oretta al giorno; 4) la società non paga gli stipendi. E chi più ha ha più ne... Metta, sì, scritto in maiuscolo, come l'avvocato di quella banda di Ciarlanthani che tenne per messi in scacco i tifosi blucerchiati esponendoli (giustamente) alla beffa delle truppe cammellate dei "cugini" e trascinando il club verso il fallimento. Ma la storia, purtroppo, pare abbia insegnato davvero nulla.
La realtà - e lo dice e scrive chi non ha mai preteso di possedere in tasca verità assolute - è ben diversa. Che qualcosa non quadri a livello tecnico, è ormai chiaro. I presunti rinforzi per la difesa (i tre portieri più Vulikic, Riccio e Veroli) è palese che non abbiano portato un valore aggiunto, anzi, semmai un disvalore rispetto agli stagisti della passata stagione che però a fine campionato avevano superato l'esame da professionisti, almeno in serie B. E' altrettanto vero che chi si trascinava i guai fisici dal passato non li ha risolti: Ferrari, Vieira, Ricci, lo stesso frenatissimo Kasami. Sempre in tema di mercato, l'anno scorso cinque giocatori "veri" per la categoria alla fine erano stati presi: Stankovic, Kasami, Esposito, Pedrola e a gennaio Leoni, la cui prematura cessione ha permesso di salvare il bilancio. Quest'anno la ciliegina doveva essere Gennaro Tutino, che per quanto visto sinora sembra il Cristian Bertani degli anni 2020: mancanza di phisique du role per sostenere il peso di una maglia tanto "pesante" o pancia piena, non ho proprio idea e nemmeno mi interessa. L'impressione attuale è che non sia all'altezza del compito. L'altro, l'ottimo Massimo Coda, paga pegno alla carta di identità e si ferma per infortunio - non a caso - al termine di una gestione superficiale del turn over: nel miniciclo di tre partite omogenee per caratura dell'avversario, quando lo fai riposare uno come lui? In quella di mezzo, è logico. Macché gli faccio giocare le prime due gare di fila e poi lo tengo fuori la terza. Risultato? Patatrac.
Tutto questo per dire che al di là dei voli pindarici sulle ali della fantasia più sfrenata, i problemi della Sampdoria sono soprattutto di natura tecnica e organizzativa, tant'è che sia Pirlo che Sottil non ci hanno capito il verso. Ma il primo, almeno, veniva seguito sia pure distrattamente dai suoi calciatori, il secondo dà l'impressione di vivere in un mondo tutto suo, dove uno 0-3 al passivo contro Canestrelli e Angori diventa motivo di euforica soddisfazione.
Per il resto, ecco qui: gli stipendi arrivano regolarmente, Roberto Mancini non pensa neanche lontanamente di mettersi in gioco in questa polveriera da cui pochi mesi fa è stato pure "epurato" suo figlio Andrea, gli arabi per loro forma mentis non intervengono in situazioni critiche bensì semmai in posizioni emergenti da trasformare in dominanti, Manfredi non ha alcun interesse finanziario a cedere la società proprio adesso perché ci perderebbe un mucchio di soldi rispetto all'investimento iniziale.
Cosa può fare allora la Sampdoria per uscire da questa melassa appiccicosa, unta e persistente? Ieri una persona straordinaria che conosce benissimo l'ambiente anche per averci lavorato (mai dirò chi, neanche sotto simbolica tortura), mi ha mandato un messaggio con scritto questo: "Montezemolo ricordava sempre “noi costruiamo emozioni”. Credo che mai Manfredi potrà avere un simile pensiero. La sua freddezza si ritrova nella squadra, non ride nessuno, vivono chiusi nel loro mondo, i tifosi esistono solo per 90 minuti la settimana. Riapra Bogliasco, rivadano nei club per far vedere che esistono anche fuori dai 90’, parlino con le tv e i giornali. Manfredi e il calcio non si sposeranno mai, il calcio è vita, i numeri no".
Un pensiero forse un po' crudo nei confronti del proprietario-presidente, ma che condivido tranne che in una parola: mai. Ritengo, infatti, Matteo Manfredi in assoluta buona fede nella sua operazione di salvataggio e salvaguardia della Sampdoria ma, oggettivamente, ancora a corto di conoscenza delle dinamiche del calcio. Lo dimostra il fatto che ha consegnato le chiavi di Bogliasco a Pietro Accardi. Giusto in linea di principio, sbagliato in un'azienda atipica come una società di calcio. Serve ancora, probabilmente, una figura intermedia che sappia guidare tutti, dal presidente (neofita) al direttore sportivo (giovane) sino agli allenatori (figure sole al comando e per definizione fragili, vulnerabili, in balia dei risultati) e ai calciatori (più sprovveduti di quanto non si pensi), ovvero un direttore generale. E' un'idea, che mi frulla in testa da un po'. Un punto di riferimento importante, che abbia in pugno il club a 360 gradi e la fiducia della proprietà, al punto da poterla rappresentare in tutti i variegati ambiti del mondo del pallone. E sottolineo pallone.
Così magari si riuscirà a ritrovare la via smarrita da troppo tempo e mai più ritrovata, nonostante un valzer di azionisti, presidenti, allenatori, dirigenti e giocatori che ha pochi eguali nella storia recente del calcio. La Sampdoria dal 2021 a oggi ha perso il 50% delle partite disputate a Marassi. Per ricreare valore bisogna partire dalle fondamenta e può farlo soltanto qualcuno che conosce bene tutti gli attori del "circo". Dopo, forse, si potrà tornare a parlare di arabi, americani, Mancini e chi più ne ha più ne metta (minuscolo). Oggi è solo una barzelletta.

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