Cristoforo Colombo al di sopra del triste “politically correct”
di Paolo Lingua
La scelta del presidente degli Usa Biden di mescolare, con un faticoso compromesso (che ricorda certe ridicole mediazioni di tanti anni fa), l’anniversario della scoperta dell’America con la celebrazione dei nativi non spicca per brillantezza né per acume. Il motivo è semplice: si è voluto mescolare a tutti i costi, quasi ci fosse un peccato da espiare, r4ealtà che non hanno nulla in comune. La scoperta del Nuovo Continente del 12 ottobre 1492 è stato un grande evento di infinita importanza politica e geografica, frutto del colpo di genio d’un navigatore dalle capacità incommensurabili. Il colonialismo successivo degli spagnoli, dei francesi, degli olandesi e degli inglesi, è un fenomeno a parte, frutto d’una particolare condizione politica ed economica. Per non parlare dello schiavismo ottocentesco legato, negli Usa, alla coltivazione del cotone impiegando mano d’opera importata dall’Africa.
La storia è una realtà che va collocata, in ogni periodo, nel contesto di sistemi economici e anche di valori sociali che hanno una spiegazione legata allo specifico momento. E non è possibile applicare i valori contemporanei (eguaglianza, democrazia, ecc.) a situazioni profondamente diverse. In passato quando, soprattutto negli Usa, è emerso il fenomeno, tutto sommato grottesco, del “politically correct”, non sono mancate, in particolare nelle università, manifestazioni pittoresche, come la richiesta di censurare Shakespeare per l’antisemitismo (“Il mercante di Venezia”) o, sempre per lo stesso motivo, Dante Alighieri. Ma sono stati censurati, anche per atti della lor9o vita private, generali, imperatori, protagonisti della storia. In Italia abbiamo avuto sfregi persino alla statua a Milano di Indro Montanelli, mentre negli Usa (ma anche in Sud America) sono state rimosse e semidistrutte statue di Colombo. Ce n’è ancora una che è nascosta dietro una grande cassa di assi di legno.
Nel fenomeno che ancora non è attenuato del cosiddetto “politically correct” (in particolare negli Usa) c’è soprattutto molta ignoranza e nessuna valutazione della storia in riferimento ai tempi e ai valori di determinati periodi. Di qui nascono giudizi pesanti e grotteschi di personaggi storici ai quali si applicano, con centinai d’anni di distanza, valori che sono specifici della nostra epoca ma che sono frutto d’una evoluzione di giudizi e di valori. Non c’è quindi nulla di negativo a celebrare Cristoforo Colombo che, sulla base di riflessioni scientifiche e culturali ma frutto di esperienza pragmatica, ha ridisegnato i conf9ini del mondo dando vita una nuova realtà economica e antropologica. Dopo la sua scoperta basterebbe pensare alla crescita della ricchezza, all’evoluzione della scienza della navigazione a profondi cambiamenti del costume. C’è una modifica rivoluzionaria della vita umana intesa a 360° . Nei cambiamenti, che poi si sono svolti secoli dopo la sua morte, è ovvio che si inseriscono, usando i concetti astretti, il bene e il male. Ma questo non toglie nulla alla genialità della sua scoperta.
Nei giorni scorsi a Genova ‘è emerso il progetto di dar vita, tramite iniziative di enti diversi, compresa l’Università di Genova, a un istituto colombiano che abbia il respiro di affrontare studi e ricerche di vasto respiro internazionale. E’ un’idea positiva che si spera trovi rapida attuazione, perché copre un errore o meglio un “vulnus” del recente passato, quando, pochi anni dopo le celebrazioni a livello mondiale del Cinquecentenario della scoperta dell’America, la stessa Università di Genova chiuse il suo storico istituto dedicato a Cristoforo Colombo e non si è mai capito il perché, nonostante proprio per quelle celebrazioni Genova aveva messo in campo a livello internazionale un folto gruppo di studiosi e di docenti, autentiche eccellenze mondiali, che aveva coadiuvato l’impegno di Paolo Emilio Taviani che degli studi colombiani aveva fatto il secondo grande scopo (dopo quello politico) della sua vita.
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