Cosa può fare il nuovo governo per la Liguria?
di Paolo Lingua
2 min, 59 sec
Il Punto di Paolo Lingua
Certamente il problema è nazionale, ma la Liguria sta attraversando un momento assai complesso di trasformazione economica, una scommessa che potrebbe avere come effetto un clamoroso rilancio economico che è, per molti aspetti, l’aspetto peculiare degli interventi del sindaco Marco Bucci negli ultimi mesi, con una eco quasi ritmata che è frutto del rullare di messaggi del presidente della Regione Giovanni Toti che opera su molti fronti.
Non è detto che questo surmenage che scaturisce dagli enti locali sia destinato a una serie fortunata di vittorie, ma è certamente il riflesso di una esigenza del territorio d’una popolazione che ha un record italiano di invecchiamento e di emigrazione di giovani verso altri mondi alla ricerca di lavoro, un fenomeno che coinvolge sia le fasce più basse, sia i laureati specializzati.
Inutile ripetere all’infinito che il primo obiettivo è quello di chiudere entro la prima metà del prossimo anno la ricostruzione del ponte autostradale che ormai possiamo chiamare “ex Morandi” in attesa di un nuovo nome più carico di speranza e di fortuna. Il ponte ricostruito va collegato alla realizzazione della Gronda e all’accelerazione per la conclusione dei lavori del Terzo Valico.
Accanto a razionalizzazioni, manutenzione e aggiustamenti sia nel settore autostradale, sia in quello ferroviario questi obiettivi collegati e connessi dovrebbero offrire al porto di Genova le chance per una rincorsa al potenziamento recettivo (merci e passeggeri) che vede in campo grandi gruppi trasportistici (Msc, Costa e altri), ma anche operazioni di ristrutturazione a terra: basterebbe pensare al Waterfront di Levante, al nuovo assetto di Ponte Parodi, del ruolo dell’ Hennebique e del “ribaltamento a mare” della Fincantieri.
In tutti questi interventi oltre che l’impegno delle dimensioni istituzionali (Comune, Regione, Autorità Portuale) e delle categorie imprenditoriali (industriali, commercianti, artigiani, ecc.) occorre l’impegno del Governo che, come tutti si augurano, vada al di là delle enunciazioni generiche ma i si impegni, anche finanziariamente, nelle grandi opere e nei finanziamenti che dovrebbero rimettere in moto un sistema che se non è fermo è certamente da tempo rallentato.
Un rallentamento che rischia di fermare anche il riassesto urbanistico della città e la ripresa di settori imprenditoriali e di servizio. Genova e la Liguria hanno bisogno di ospedali e di servizi sanitari adeguati e moderni; di nuovi servizi di trasporto; di un adeguamento dell’assetto viario urbano e di un recupero dei servizi soprattutto nel Ponente nella Valpolcevera ovvero le zone urbane che hanno pagato il prezzo più alto dopo il crollo del ponte.
Il nuovo governo sarà all’altezza di supportare Genova e la Liguria verso questo ambiziosi (ma anche urgenti e necessari) obiettivi? Ci crederà? Si renderà conto che il nostro territorio ha un ruolo internazionale strategico che è connesso non solo a livello locale ma che può offrire occasioni infinite per tutta l’Italia? Basterebbe considerare i collegamenti, tramite la Lombardia, il Piemonte e il Veneto con l’Europa centrale e del Nord e le prospettive che possono aprirsi con il decollo della cosiddetta “Via della Seta”.
In questa linea, sulla quale sono da tempo d’accordo anche tutte le organizzazioni sindacali che vedono una speranza per la crescita dei posti di lavoro, è certo che il Pd, tornato al governo, sia d’accordo. Ma anche il M5s dovrà, per forza di cose, abbandonare ogni aggancio propagandistico con la cosiddetta filosofia della “decrescita felice” che non ha alcun motivo di essere oggetto di discussione. Ma occorrerà un “salto” di strategia e una visione sopranazionale della valutazione della situazione economica. La Liguria, in questo contesto, ha la stessa fisionomia delle problematiche mondiali. Non è un paradosso ma una realtà di cui occorre prendere atto.
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