Conto alla rovescia per il governo sulla piattaforma Rousseau

di Paolo Lingua

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Il punto di Paolo Lingua

Conto alla rovescia per il governo sulla piattaforma Rousseau

Sono in corso incontri raggruppati e divisi tra responsabili del Pd e del M5s, anche presso il presidente incaricato Giuseppe Conte che ha annunciato di volersi recare da Mattarella entro dopodomani per sciogliere la riserva, come vuole la prassi. Ma lo farà a questo punto dopo aver valutato l’sito del voto-referendum tra i potenziali 100 mila iscritti al M5s chiamati a esprimere il proprio parere sulla vicenda del governo sulla “piattaforma Rousseau”. Si è detto che i potenziali votanti sono un po’ più di 100 mila, ma va ricordato che in margine all’accordo con il precedente governo di alleanza con la Lega votarono in poco più di 25 mila.

E adesso? Le previsioni sono difficili considerato il vagare imprevedibile degli umori della base “grillina”. E proprio sulle opinioni degli iscritti si appuntano non pochi interrogativi. Per Luigi Di Maio che non pare entusiasta della piega che stanno assumendo le trattative con il Pd ma anche con Conte e che vede sfuggirgli il ruolo di vicepremier l’esito del referendum sarà determinante in assoluto. Secondo  altri pareri è arduo affidarsi alla “piattaforma” perché non è mai stato possibile capire se è stata, è o sarà comunque manipolabile, perché anche i notai cui è affidato il resoconto del voto prendono solo atto di quello che a loro è comunicato, ma non hanno la possibilità di riscontrare l’effettivo andamento del voto. Ovviamente, qualunque sarà l’esito resteranno sospesi in aria tutti i sospetti. L’unica cosa che si sa è che la base, per una parte non valutabile, è dubbiosa, incerta e comunque non entusiasta dell’alleanza. Si naviga e si navigherà nelle prossime ore “a vista”, in un clima di reciproca diffidenza, anche se poi, alla fine, con le spalle al muro, le parti in causa chiuderanno la trattativa con un faticoso sì.

Ma se gli ondeggiamenti sembrano caratterizzare base e dirigenti del M5s (Di Battista, Di Maio, Grillo e Casaleggio  non sono propriamente omogenei), anche in casa del Pd non corrono ondate di entusiasmo. La base, un po’ dappertutto, è freddina, anche perché si viene da anni di polemiche durissime, di contrasti forti e di guerre personali tra i due partiti. E’ noto che Zingaretti avrebbe, alla fin dei conti, preferito andare al voto e che si è solo piegato per il timore d’una scissione interna da parte di Renzi, autore d’una prodigiosa capovolta politica ma del quale non si sono ancora comprese del tutto le tattiche e le strategie nel tempo a venire. Inoltre la coesione tra i “colonelli” del partito è molto relativa. C’è chi è d’accordo, chi dubita fortemente  e chi pensa solo a qualche ultimo guizzo personale, un minisero0 anche solo per un anno o suppergiù. Tutti però, in casa Pd, hanno un atteggiamento diffidente nei confronti del voto sulla piattaforma Rousseau.  Il “sì” di massa farebbe sospettare comunque a una manipolazione e questo non aumenterebbe l’orgoglio storico d’un partito che ha antenati nel Dna come la DC, il PCI o il PSI. Un voto negativo (andrebbe bene a Di Maio?) sarebbe uno schiaffo e un risultato di misura sarebbe poco esaltante. Ma si procede, con l’affanno, verso un esisto che si presume ormai positivo per chiudere  entro la fine della settimana con un poco di affanno, sotto lo sguardo corrucciato di Mattarella, Al di fuori Salvini blatera a vuoto e si attacca al decreto sicurezza e alle questioni die migranti, i suoi argomenti di propaganda. Ma il suo centrodestra mostra qualche crepa, in particolare quella aperta da Silvio Berlusconi che prende le distanze dal sovranismo. Toti chiede a sua volta le elezioni ma, ideologicamente, non è lontano dalle posizioni del suo vecchio leader. Ci aspetta, quasi certamente, un inverno bizzarro, dove tutto sarà possibile.

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