Cina, quali saranno i vantaggi per Genova
di Paolo Lingua
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Il Punto di Paolo Lingua
Quale vento di fortuna porterà a Genova l’accordo a livello nazionale siglato con la Cina e che sarà consacrato domani a Roma alla presenza del presidente Xi? Difficile poterlo prevedere a tempi brevi, perché l’articolazione è complessa.
Sulla carta si parla della “Via della Seta”, nome emblematico per una città come Genova che dal Medio Evo fu tra le prime ad avviare i rapporti commerciali e d’affari con il Celeste Impero, ma non solo semplici tutte le connessioni possibili. Si è d’accordo sul fatto che, sia via terra, sia via mare, merci importanti approderanno in Europa e in particolare in Italia avendo come porti di riferimento Genova e Trieste.
Una soluzione più che fisiologica dove la geografia ha la meglio sull’economia e sulla politica spicciola. Ma ci sono molti dubbi sui contenuti e sulle possibilità concrete. Proprio oggi, l’armatore storico che da tempo ha maggiori rapporti con l’area cinese, Augusto Cosulich, ha espresso qualche dubbio: ha detto che l’accordo è “leggero” e che si poteva andare più a fondo puntando ai settori dove la Cina è più forte e dove ha creato ricchezza e lavoro.
Cosulich ha detto che non è il caso di esagerare nei timori politici o di tentativi di imporre un monopolio. Afferma, sulla base della sua esperienza, che gli accordi con la Cina (anche nella povera Grecia) non hanno alterato equilibri politici e non hanno creato “sottomissioni”. Cosulich pensava a “grandi opere” e a operazioni merceologiche mirate. D’altro canto non è il solo che gettare sulla vicenda un’ombra di pessimismo.
In Italia il mondo politico è diviso: più ottimisti i “grillini”, più con il piede sul freno gli esponenti della Lega che ribadiscono la incrollabilità dell’asse occidentale e “atlantico”, tutto sommato vicini alla ostilità di Trump. Anche in Europa le opinioni sono disparate: ma c’è chi osserva che in passato, la Francia e l’Inghilterra, oltre ad altri Paesi, quando hanno colto i loro interessi hanno stretto accordo con i cinesi.
I punti deboli dell’economia cinese riguardano il basso livello del “food”, con problemi sanitari e anche certe costruzioni e strutture poco felici per la salute di chi li impiega. Ma c’è chi invece sottolinea la loro eccellenza in altri settori e sottolineano che la Cina ha bisogno di espandersi e quindi può essere un partner interessante, mentre sarebbe possibile per l’Italia esportare eccellenze che vedono la loro richiesta in un mercato dove s’affacciano oligarchi e nuovi ricchi che ormai puntano a un livello di vita più elevato rispetto al recente passato.
La situazione dunque non è delle più semplici e forse gli atteggiamenti errati sono quelli ispirati all’eccesso di ottimismo, senza porsi dubbi, oppure la diffidenza a priori senza valutare i profondi cambiamenti (e rapidi) dell’economia mondiale. I filoni di sviluppo sono diversi e alternativi, trattandosi d’una macroeconomia, frutto dello sforzo d’un paese che sta crescendo vertiginosamente.
Restano i punti interrogativi sulle prospettive del porto di Genova. In questo caso si è rimasti fermi sull’ottimismo generico delle istituzioni locali che si sentono strette nella morsa della crisi del territorio sempre alle prese con la ricostruzione del ponte Morandi. Ogni vicenda sembra l’occasione buona per lanciare verso l’opinione pubblica degli slogan positivi. C’è un disperato anelito di crescita. E’ ovvio che un imprenditore che da decenni opera con la Cina sia più attento e critico e osservi che forse non si è andati a fondo dove invece era necessario.
Comunque, anche se può sembrare banale, occorre soffermarci, senza abbandonare impegno e speranze, su un prudente “si vedrà”. La Regione e il Comune non hanno reali poteri decisionali in materia. Possono collaborare e spingere verso soluzioni giudicate utili. Il vero0 gioco sta nelle mani del Governo e di chi vuole davvero investire.
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