Ex Ilva, Gozzi: "Alla fine il governo troverà un accordo con Mittal"

di Pietro Roth

Il numero uno di Duferco: "Per me l'acciaio è vita. A Genova si possono liberare aree"

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​In occasione dell'incontro al Wylab di Chiavari dal titolo "Infrastrutture a Levante: 20 anni di discorsi. Ma adesso bisogna agire a tutti i costi", Telenord ha intervistato Antonio Gozzi sul tema dell'ex Ilva.
 
Che idea si è fatto intorno a tutto quello che è successo all'ex Ilva?
 
"Ho maturato l'idea della grande confusione che c'è in Italia. Quello che non si riesce a capire è cosa si vuole fare con l'Ilva di Taranto. Ci sono forze che la vogliono chiudere, altre che la vogliono dimezzare, alcune che parlano di fare l'acciaio con il gas, che non si sa cosa vuol dire. C'è una grande confusione che è stata rappresentata dallo scudo penale, inserito su richiesta dei commissari pubblici, tolto, poi rimesso e poi tolto". ​
 
Secondo lei lo scudo penale tolto è stato il pretesto di Arcelor Mittal per mollare?
 
"Io tendo a pensare che sia stato un elemento determinante. Il figlio di Mittal era venuto a Roma lo scorso giugno e aveva detto chiaramente a Di Maio che senza lo scudo penale, che protegge gli amministratori per gli impianti che non si possono spegnere, se ne sarebbero andati. Non a caso Di Maio aveva reintrodotto lo scudo penale, proprio perché sapeva che senza Mittal se ne sarebbe andato. Un manipolo di senatori di Grillo ha però fatto un emendamento per togliere lo scudo penale e i partiti di maggioranza hanno fatto l'errore di seguirli".
 
Toccasse a lei decidere, cosa si dovrebbe fare per uscire da questa fase?
 
"Reintrodurre immediatamente lo scudo penale, richiamare Mittal agli impegni che aveva assunto, a maggior ragione se lo Stato è coerente con le promesse fatte. Io sono abbastanza ottimista, credo che alla fine una soluzione si troverà. Taranto non può essere tagliata a fette, ridotta a metà, contemporaneamente serve un processo di ambientalizzazione per consentire di fare di Taranto quello che succede in molte siderurgie europee a ciclo integrale"
 
Nei giorni scorsi Antonino Apa della Uilm ha detto 'se si dovranno nominare nuovi commissari dovremo nominare gente che ne sa, come Gozzi'. Cosa ne pensa?
 
"Ringrazio ma spero proprio che non ci sia bisogno di una gestione commissariale. Spero che si trovi un accordo con Mittal e che ci sia un imprenditore privato siderurgico, capace, che riesca a gestire Taranto. Io non sarei necessario, forse Alpa ha pensato a me perché sono vecchio e sono stato forse l'ultimo industriale siderurgico italiano che ha gestito un ciclo integrali. Se lo Stato italiano prenderà partecipazioni dentro Mittal dovrà pensare alle competenze e alle professionalità di chi si occuperà di questa cosa. Per dare consigli e mettere a disposizione le mie esperienze sono a disposizione, ma servono giovani".
 
La vicenda Ilva riguarda da vicino anche Genova. Un milione di metri quadrati che danno lavoro a mille persone. È normale? E Genova può essere indipendente da Taranto?
 
"Dal punto di vista economico e tecnico certo che si, però ci sono solo due impianti che possono dare a Genova il supporto necessario: Taranto e Marsiglia. Entrambi sono in mano a Mittal quindi non credo sia possibile. Per quanto riguarda lo spazio è vero: un milione di metri quadrati sono troppi rispetto alle esigenze produttive".
 
Che idea ha della politica attuale, anche in funzione alla gestione della vicenda Arcelor Mittal?
 
"La politica attuale molto spesso soffre di incompetenza generalizzata. I temi non vengono approfonditi, c'è esigenza di una campagna elettorale permanente. Un'esigenza che non dà risposte e che non va bene. All'interno di questa insufficienza della classe politica e amministrativa quello che preoccupa di più è che ci siano forze che teorizzano e basta. Dalla crisi si esce con le forze vive, con intelligenza e competenza, con un capitalismo inclusivo e gentile che si occupi anche dei più deboli".
 
Se il premier Conte le chiedesse un aiuto su Mittal cosa gli direbbe?
 
"Razionalità industriale, un piano industriale serio e sostenibile, che stia in piedi nel medio lungo periodo. E un piano ambientale che accompagni questo piano industriale e consenta di dire che l'acciaio è vita, non morte. È una delle attività più affascinanti che l'industria mondiale conosca, ogni paese si tiene stretto la sua produzione dell'acciaio. Noi invece siamo riusciti a trasfromare l'acciaio in morte, una delle cose più terribili che ho vissuto in vita mia. Se ci sono problemi questi possono essere risolti con intelligenza e competenza".
 
A Taranto ci saranno esuberi?
 
"Dipende dal piano industriale. Normalmente il parametro mondiale è che produrre un milione d'acciaio ci vogliono dalle 1100 alle 1300 persone, se il piano industriale è di 6 milioni di tonnellate qualche esubero ci sarà. Ma vanno gestiti con un approccio corretto, con corsi di formazione e riqualificazione. Noi lo abbiamo fatto molte volte in Belgio, un'attività concordata con i sindacati che non ha creato drammi. Questo deve succedere anche a Taranto"