Che cosa cambierà nella Curia di Genova?

di Paolo Lingua

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Che cosa cambierà nella Curia di Genova?

Sono in molti a chiedersi, in questi giorni, che cosa cambierà nei prossimi anni nel mondo della Chiesa genovese. Entro due settimane farà il suo ingresso ai vertici della arcidiocesi metropolita (che sovraintende oltre che ai vescovadi della Liguria anche diocesi piemontesi come quella di Tortona) il padre Marco Tasca, 63 anni, padovano, dell’ordine dei frati minori conventuali. Al di là della sua carriera e di note biografiche – è stato ministro generale del suo ordine per 12 anni e ha fatto profondi studi di psicologia e di teologia – a Genova si sa poco di lui. I suoi contatti sono legati, per via dell’ordine cui appartiene, ai minori conventuali di Albaro, presso i quali ha alloggiata nella sua prima, breve visita Genova. Si è appreso che, come del resto vuole la grande tradizione francescana, è una personalità amabile, aperta, cordiale, pronta al dialogo oltre che sensibile ai problemi sociali e umanitari. È molto, per certi, aspetti, ma è anche poco. Del resto, Padre Tasca, che sarà consacrato vescovo dallo stesso cardinale Angelo Bagnasco, il prossimo 11 luglio in piazza della Vittoria, un giorno prima del suo ingresso ufficiale nella cattedrale di San Lorenzo , è stato sinora -ma è un comportamento logico – estremamente riservato. Comincerà a parlare e a esprimere giudizi solo dopo aver approfondito tutte le problematiche della Chiesa genovese e del suo territorio. Ma, in questi giorni, oltre alle curiosità (che lasciano il tempo che trovano), negli ambienti cattolici e non solo, sorgono non poche domande sull’avvenire. Se non dovrà salire a gradi superiori (come era capitato al cardinale Tettamanzi e al cardinale Bertone), Padre Tasca governerà l’arcidiocesi genovese per una quindicina d’anni almeno, più o meno come il cardinale Bagnasco.  E’ un periodo di lungo respiro nel quale è certamente possibile una azione pastorale complessa e profonda. Ci sono previsioni, non si sa su cosa fondate, che indicano una gestione prudente e diplomatica per mantenere una continuità nella linea pastorale. Ma sono in molti che puntano a prevedere invece una sorta di “rivoluzione”, molto sulla linea di papa Francesco. E quindi molto impegno sul sociale, sulla solidarietà, sul pauperismo della Chiesa e sull’aiuto agli immigrati. Per la verità Angelo Bagnasco ha sempre avuto una linea fortemente orientata sul “sociale” e un impegno sui temi del lavoro e della crisi economica, forte della tradizione dei cappellani del lavoro che sono una eccellenza storica di Genova, sin dai prima anni della gestione del cardinale Giuseppe Siri.  E’ però vero che Bagnasco ha avuto gran parte dei suoi impegni pastorali  presi dall’incarico, voluto dal papa stesso, di presidente della Cei e poi di presidente delle Cei europee, impegno che manterrà ancora per quasi un anno. Non ha potuto di fatto concentrarsi, come forse avrebbe voluto, sulle problematiche delle parrocchie e della chiesa di base. D’altro canto, sia pur partito da posizioni diversa da quelle del Pontefice, Bagnasco è stato “recuperato” nel corso degli anni dallo stesso papa Francesco (con il quale si è poi consolidato un forte sodalizio) proprio per le sue qualità di equilibrio, di mediazione e di consenso. Bagnasco, nel doppio mandato alla Cei, ha svolto con successo un’azione di consolidamento e di unità della Chiesa italiana, tutto sommato la più delicata e sensibile, delle chiese nazionali del cattolicesimo. La sua azione e la sua capacità di prudenza e di ricostruzione dell’unità è probabile che passi alla storia. Proprio per questo è difficile che un religioso avveduto come il padre Tasca  dia vita a una zione in una linea operative differente. E’ probabile invece che approfondirà certi aspetti, che d’altro canto sono propri della sua cultura francescana che punta a una sorta di amore universale. Non va dimenticato, per restare nel solco di una tradizione secolare, che i francescani ebbero un ruolo importante, non solo sul territorio, ma in giro per il mondo, nella cultura e nel Dna di Genova, soprattutto nell’azione , anche commerciale e finanziaria, di livello internazionale da Medio Evo sino all’Età Moderna. Una vicenda di carità, di tolleranza, di un ceto dirigente pronto a dar vita a fondazioni solidali, a ospedali a centri di accoglienza, all’insegna della tolleranza. Genova è stata la città che non ha mai ceduto all’Inquisizione e che ha tollerato la mosche alla Darsena. È stata una chiave di volta di Angelo Bagnasco e lo sarà ancora di più per il nuovo arcivescovo Marco Tasca.