Case d'ispirazione scandinava al posto della "Diga" di Begato
di Paolo Lingua
2 min, 55 sec
Nel volgere di due – tre anni il complesso edilizio di Begato muterà completamente aspetto e assumerà, a quanto risulta dai progetti, la fisionomia d’un quartiere di Stoccolma o di Oslo dove dovrebbe dominare la qualità della vita e persino una certa grazia edilizia. Progetto ambizioso che parte da Arte, l’erede del vecchio istituto delle Case Popolari, con il supporto del Comune e della Regione. Le piccole case, al massimo di quattro piani, saranno circa 70 e saranno realizzate a partire dalla primavera del 2021, dopo la demolizione, nel quartiere detto “Diamante” (definizione poco appropriata) della fatidica “Diga”, edificio corrusco, frutto della crescita edilizia dell’ultima fase del “boom”, quella meno qualificata, che ha messo in piedi molti quartieri e zone di Genova tutt’altro che brillanti dal punto di vista architettonico.
Basta pensare al rifacimento della zona della Lanterna, alla demolizione e ricostruzione di Corte Lambruschini, al Cep di Prà e alla Costa degli Ometti. Erano gli ultimi “colpi” della crescita edilizia senza controllo, tanto è vero che Giorgio Doria, padre dell’ex sindaco Marco, preferì uscire dopo solo un anno dalla famosa giunta di sinistra di Cerofolini perché non condivideva quasi tutti i progetti urbanistici. D’altro canto, dalla fine degli anni Settanta su Genova incombevano le istanze di ristrutturazione legate alla scadenza delle Celebrazioni Colombiane. Andò meglio in porto, perché la parte più antica tornò a funzionare per la città e anche grazie alla realizzazione dei Magazzini del Cotone e dell’Acquario.
La invasione di cemento a Begato alterò, senza misericordia, un quartiere verde e scarsamente abitato alle spalle di Rivarolo e di Certosa. Ora Arte, con il Comune e la Regione, con un impegno di 27 milioni conta di sistemare altrove, in case pubbliche, ben 400 nuclei famigliari, ai quali saranno garantiti rimborsi spese, trasferimenti e quanto a queste problematiche è connesso, anche con l’impiego di supporti psicologici per i residenti più anziani comunque meno inclini al trasferimento. Si entra dunque in una nuova filosofia delle case popolari e in una azione di rigenerazione abitativa. E’ indubbio che le attuali amministrazione hanno l’intenzione di dimostrare alla città e al territorio che ogni risorsa non sarà assorbita soltanto dall’impegno straordinario della ricostruzione del ponte Morandi e della nuovo disegno abitativo che coinvolgerà le aree dove le case saranno demolite e quelle dei dintorni. Si parla anche d’un nuovo assetto del sistema energetico e di prospettive che comunque avranno una diversa applicazione delle fonti energetiche (illuminazione, riscaldamento, ecc.). E’ certamente un progetto ambizioso che decollerà da un quartiere certamente più malmesso di altri e che non è neppure troppo lontano geograficamente dalla zona dove è avvenuta la tragedia del ponte Morandi. Ma è indubbio che Genova ha bisogno di un messaggio – oltre che l’intervento concreto come è ovvio - di una ripresa della sua corsa per un rilancio e per una ripresa economica, il tutto collegato a un miglioramento della qualità della vita. Se entro il 2022-23 Begato cambierà volto, ot6tenendo anche il consenso dei cittadini, sarà possibile operare per miglioramenti, ricostruzioni, servizi, anche in altre zone della città, anche in diverse condizioni di disagio in aree più estese e meno estese. E’ un discorso ambizioso e complesso che merita attenzione e partecipazione. A Begato questa rivoluzione coinvolgerà più dell’80% degli attuali residenti. Non sarà facile, ma se si raggiungeranno gli obiettivi prefissati, l’attenzione e la richiesta si sposteranno in altri quartieri e in altri rioni. In cinquant’anni Genova potrebbe cambiare volto, lasciando inalterati gli edifici storici e artistici che ne risulteranno ulteriormente valorizzati.
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