Carige, l'assemblea degli azionisti approva l'aumento ma non mancano i dubbi

di Pietro Roth

2 min, 44 sec

Il punto di Paolo Lingua

Carige, l'assemblea degli azionisti approva l'aumento ma non mancano i dubbi

L’aumento di capitale della Carige è passato oggi pomeriggio dopo quasi sei ore di assemblea degli azionisti. La maggioranza dei presenti (il 47,6% dell’intero pacchetto azionario) ha detto “si” in maniera schiacciante, con il 91% dei presenti. I “no” e gli astenuti sono stati il 9%. Ora, entro l’anno, si passerà, con il controllo di Bce e Banca d’Italia,  all’aumento di 900 milioni (700 aumento e 200 prestito subordinato), salvo nuovi ostacoli che potrebbero emergere. Infatti l’azionista di riferimento il gruppo Malacalza che detiene il 27,6% dei titoli non ha preso parte all’assemblea. Solo il capofamiglia, Vittorio Malacalza, s’è presentato come azionista personale (con meno dell’1%); ha ascoltato per le prime ore e poi se n’è andato senza votare. Come nei mesi passati e nelle settimane scorse da parte dei Malacalza non è venuto alcun commento, alcun giudizio e neppure si è capito quali saranno le strategie del gruppo che, se le cose dovessero andare avanti sulla base del progetto approvato oggi, di fatto scenderebbero a meno del 4%. Sparirebbero quasi altri azionisti importanti come Volpi che ha il 9% e Mincione che tra il suo pacchetto e alleati detiene quasi il 7%. Ma i legali di Mincione e di Volpi hanno votato “si”. I commissari della banca – Lener, Modiano e Innocenzi -  che hanno gestito le trattive in questi mesi e sono arrivati all’esito positivo del voto hanno espresso la termine la loro piena soddisfazione, cercando di diffondere un clima di ottimismo.

Anzi hanno ringraziato i Malacalza per la loro piena comprensione e disponibilità a creare ostacoli. Infatti se i Malacalza fossero stati presenti con il loro pacchetto e avessero votato “no” o si fossero astenuti il progetto non sarebbe passato. Con quale conseguenza? Una sorta di supercommissariamento con possibilità di liquidazione o di statalizzazione. I commissari hanno anche ottenuto, dall’esterno, il plauso dei sindacati confederali che temevano la perdita ulteriore di posti di lavoro.  La storia è finita e ne ricomincia un’altra? Questa è la domanda, per ora senza risposta, che segue il tramonto del sole. Anche se il loro silenzio è stato ferreo, i vertici della famiglia Malacalza  avevano fatto trasparire che il piano dei commissari non era di loro gradimento. Ma ne avevano un altro? Avevano altri contatti nel mondo finanziaria e bancario? Avevano mai dialogato con i commissari che, almeno per Modiano e Innocenzi, erano stati di fatto scelti e nominati da loro come presidente e ad dell’istituto? Qualcuno afferma che se i Malacalza, dopo aver investito 430 milioni circa nella banca, avessero deciso il “via libera” al progetto per “fare un dono” alla città di Genova e alla Liguria. Lo avrebbero dichiarato ufficialmente oppure sarebbero venuti in assemblea a votare a favore. E allora? Si profilano cause giudiziarie, richieste di annullamento o di recupero di danni finanziari come avvenne anni fa quando il gruppo aveva puntato alla scalata della Pirelli, di fatto fallita, ma poi conclusa con un congruo guadagno? Per ora non è dato non solo saperlo, ma anche capirlo. Gli uffici della società  sono blindati. Vittorio Malacalza ieri ha salutato tutti senza rilasciare un solo commento o una dichiarazione. Vedremo, da domani o nei giorni successivi, quale sarà la loro strategia. Ma tutta la vicenda della Carige, a partire dalla crisi che portò alla defenestrazione e al processo a Giovanni Berneschi, ha punte di assurdo e di dramma.