Carige: il buio oltre la siepe
di Paolo Lingua
Il titolo del famoso film degli anni Cinquanta “Il buio oltre la siepe” sembra adattarsi a pennello alla vicenda della Banca Carige, sino alla metà degli anni Novanta una eccellenza economica e finanziaria della Liguria, motore sovente della produzione e degli investimenti nel territorio. Certo, anche centro di potere con riferimento alla Dc e in particolare agli uomini fidati (ma quasi sempre saggi e sagaci) di Paolo Emilio Taviani, istituto sopravvissuto ancora una dozzina d’anni come epicentro nella gestione contraddittoria (e per certi aspetti discutibile) ma certamente tosta di Giovanni Berneschi, poi travolto da complesse vicende giudiziarie.
Come annunciato da oltre un mese per il 31 gennaio prossimo è stata fissata l’assemblea degli azionisti nel corso della quale sarà eletto il nuovo consiglio e saranno poi indicati i nuovi amministratori, anche perché gli uscenti commissari straordinari - Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener – non possono più essere riconfermati. Secondo una lettura ottimistica, confermata ufficialmente, la banca, dopo una serie di crisi e dopo la sostituzione a rullo di tre consigli di amministrazione, l’assemblea del 20 settembre scorso aveva approvato un aumento di capitale di 700 milioni, sottoscritti per quasi l’80% dal Fitd (Fondo Interbancario) e per un po’ più dell’8% dal Ccb. Per il mese di febbraio si attendeva forse l’ingresso delle banche trentine con nuovi capitali freschi e il ritorno in Borsa dopo un’assenza lunghissima. Invece, in maniera ufficiosa ( ma la Carige ha sempre avuto, al di là della attuale vicenda che è misteriosa, dopo aver silenziato gli uffici genovesi, sistemi di comunicazione assai discutibili) s’è diffusa ieri in tarda sera la notizia-bomba che potrebbe far saltare tutti i giochi nei prossimi mesi.
Il gruppo Malacalza che controllava oltre il 27% delle azioni della Carige (e che con l’aumento di capitale di quest’anno è sceso al 2%) ha depositato nei giorni scorsi un’azione civile di risarcimento al tribunale di Genova chiedendo alla stessa Carige al Fondo Interbancario e alla Cassa Centrale Banca un risarcimento di 486 milioni di euro, pari all’investimento dei Malacalza in questi cinque anni da quando sono entrati tra gli azionisti. Ci sono altre cause portare avanti dai piccoli azionisti che fanno parte dei piccoli gruppi che hanno votato contro all’assemblea del 20 settembre scorso. E’ da ricordare che il gruppo Malacalza non ha votato l’aumento di capitale, lasciando l’assemblea a metà giornata. Il dettaglio è importante perché il ricorso giudiziario che mira al risarcimento danni può essere effettuato solo da chi non ha votato a favore dell’aumento di capitale.
Da quel che, per ora, si è appreso la prima udienza del processo potrebbe essere fissata tra la fine di aprile e i primi di maggio di quest’anno. Sempre secondo altre indiscrezioni l’azione giudiziaria dovrebbe vertere sulla questione della svalutazione del capitale effettuata l’estate scorsa: era fondata o infondata? E La valutazione al minimo che poi ha portato alla delibera di settembre, a sua volta, era fondata o infondata? Ma, soprattutto, adesso che cosa accadrà? E’ fin troppo ovvio che l’azione giudiziaria allunga sull’assemblea che si terrà entro i prossimi quindi giorni un’ombra lunga e inquietante. Come opereranno i nuovi amministratori? E come reagiranno i vecchi commissari in uscita, ormai da mesi in rottura con i Malacalza? E sarà possibile in un avvenire che si annuncia così incerto rilanciare interventi finanziari come quelli annunciati? E la Carige tornerà in Borsa? Oppure si eviterà il processo tentando una mediazione finanziaria visto che i Malacalza, comunque vada, ritengono chiusa la loro esperienza, non felicissima, nel settore bancario? Si naviga davvero a vista, come in altri momenti avevamo supposto e non a caso.
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