Borse in caduta libera, "passerelle" ed esigenza di interventi
di Paolo Lingua
L’opposizione di centrodestra qualche ragione ce l’ha quando accusa il premier Conte di “passerella” in merito agli Stati Generali dell’Economia che si stanno per aprire, ma l’evento un po’ spettacolare sarebbe invece un’iniziativa positiva se schiudesse concretamente una serie di interventi, sulla base del “modello Genova”, al fine di accelerare la ripresa economica. La doccia fredda, purtroppo, è arrivata con il crollo delle Borse a cominciare da Wall Street per poi estendersi a tutta l’Europa. La cascata dei titoli di maggior prestigio è venuta dai disastrosi dati di aprile quando l’economia mondiale ha subito l’urto tragico del coronavirus che ha bloccato economia e servizi in tutto il mondo.
Arriveranno ancora, purtroppo, sino a tutto quel che riguarda gli esisti produttivi e finanziari di maggio e parte di giugno, altre scivolate verso il basso. E’ inesorabile. Inoltre non ci si nasconde a tutte le latitudini la pausa, a malapena repressa, d’un rigurgito dei contagi a partire dal prossimi autunno. E non aiuta il dibattito, a volte chiacchiericcio, di molti big della sanità mondiale che ogni giorno forniscono informazioni ottimistiche e pessimistiche sul virus. Inoltre, è ormai chiaro che, in tutto il mondo, è in corsa una gara tra i grandi gruppi farmaceutici a chi riuscirà per primo a produrre il vaccino: fin troppo ovvio che si tratta di un business di dimensioni incalcolabili.
Tutti questi elementi che ribollono come in una pentola gigantesca sulla nostra vita di tutti i giorni rendono incerte e precarie le nostre scelte e oscuro l’orizzonte che abbiamo di fronte. La convocazione a Villa Pamphilj degli Stati Generali dell’economia con un presenza di architetti, economisti, giustizi, finanzieri e del Gotha dell’Europa (ma con la significativa assenza di Mario Draghi) a questo punto deve concludersi con la possibilità però di mettere in campo, in tempi stretti e in modo da poter impiegare subito i fondi nazionali ed europei, un progetto preciso. Non necessariamente di respiro “globale” quasi a voler accontentare tutto e tutti. Sarebbe importante partire da obiettivi concreti e con ricaduta di pubblico vantaggio.
L’attesa maggiore, al di là del finanziamento (che è più tradizionale e bancario) della produzione industriale, riguarda invece le grandi opere pubbliche, molte delle quali dispongono già da anni di progetti definiti e di potenziali piani di investimento. Si tratta di ferrovie (alta velocità in particolare), di strade e di autostrade, sulle quali va anche accelerato, in parte in atto, di restauro, di restaurazione e di messa a punto delle realtà esistenti. Le grandi opere, come la storia del XX secolo insegna, hanno la possibilità di mettere in moto molti percorsi paralleli per molte imprese, appalti e subappalti. Il rischio, quando si dà vita, anche forse per recupere spazio e consenso nell’opinione pubblica, a spettacolari show come quello messo a punto da Conte è di naufragare nel generico. E dal generico, oltre all’immobilismo, rischiano di scattare, sulle scelte primarie in ordine di tempo, non pochi veti incrociati, anche perché c’è una forte richiesta, anche ovvia, di interventi assistenziali.
Non si può voltare la faccia dall’altra parte di fronte a disoccupazione e crisi familiari. Ma più che l’assistenza conta creare posti di lavoro stabili e continuati. E conta, il premier non lo deve dimenticare, una nuova metodologia operativa che spazzi decenni di sovrapposizione di norme, leggi e leggine. Il “metodo Genova” deve diventare una sorta di nuova “Costituzione”, la vera rivoluzione del “modus operandi”.
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