Attesa per gli interventi strategici nel Porto di Genova

di Paolo Lingua

3 min, 22 sec
Attesa per gli interventi strategici nel Porto di Genova

Si sa che una tranche di quelli che saranno i fondi del Recovery destinati all’Italia dall’Europa potranno coinvolgere opere fondamentali nel porto di Genova a cominciare dalla nuova diga ma che investiranno anche la trasformazione ecologica per arrivare a uno scalo “green”. Ci sono appunto opere collegate, anche indirettamente, a questa nuova disponibilità strategica, accanto a interventi che, in qualche modo, riguardano lo scalo, la sua movimentazione, il sistema dei trasporti e di collegamento con autostrade e ferrovie. Ma, al di fuori di queste strategie di respiro internazionale, sta emergendo, proprio in questi giorni, l’ultima indicazione – non sappiamo ancora a quale livello di consistenza pratica – riguardo alla nuova collocazione dei depositi petrolchimici che da oltre settant’anni hanno la loro0 localizzazione a Multedo, gestiti dalle storiche aziende “Superba” e “Carmagnani”.  La questione tormentata dei depositi petrolchimici è sorta alcune decine di anni fa, dopo un incidente che causò alcune morti tra i dipendenti.

Allora emerse la delicata discussione sulla compatibilità tra la presenza dei depositi accanto a una quartiere densamente popolato, anche se, per dire la verità, molti edifici furono realizzati dopo gli insediamenti della “Carmagnani” (prima della guerra) e della “Superba” (nell’immediato dopoguerra).  L’ultima ipotesi, ufficiosamente confermata anche dai vertici dell’Autorità Portuale, riguarderebbe un trasferimento dei depositi a Ponte Somalia. L’eventuale trasferimento riguarderebbe il Terminal San Giorgio e il Terminal  Forest. Sembra che siano in corso incontri e colloqui tra tutte le parti interessate per capire sino in fondo se il bacino di Sampierdarena sia la collocazione più idonea al trasferimento.  Nessuna delle parti interessate per il momento rilascia dichiarazioni, anche perché la questione è terribilmente delicata. Occorre la massima prudenza nel caso in questione, perché in passato  tutte le ipotesi avanzate non hanno poi trovato un esito felice, o per inadeguatezza della scelta, o per l’opposizione con veti incrociati . Vale la pena di ricordare il valzer delle proposte andate poi in fumo. Si era adombrata l’ipotesi d’uno spostamento sotto la Lanterna (ma erano subito emerse le dure opposizioni degli operatori, terminalisti e trasportatori operanti nel settore, oltre che degli abitanti di Sampierdarena).

Si erano ipotizzate poi alcune aree già sede della ex Ilva di Cornigliano. Poi si era pensato a una soluzione presso la diga foranea e anche nei pressi del porto di Prà. Infine si era studiato un trasferimento nell’ex terminal Messina alla foce del Polcevera. Tutte le soluzioni sono state accantonate per una serie di problematiche emerse nel corso delle discussioni: proteste degli abitanti di Cornigliano, timori per una eventuale vicinanza all’aeroporto con problematiche per gli arrivi e per i decolli , nonché questioni relative ai traffici all’interno dello scalo.  Ora è emersa l’ipotesi di Ponte Somalia. E’ indubbio, al di là delle facili polemiche, che la questione dei depositi petroliferi di Multedo sia grave e seria, ma è anche una vicenda che ha troppe similitudini con altre storie “infinite” che da sempre caratterizzano la storia di Genova: opere annunciate e mai realizzate, rinvii di decenni. Ritardi assurdi. Basterebbe pensare alla questione del Terzo Valico, della Gronda, del raddoppio della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia o, per restare in casi relativi al porto di Genova, la discussione sospesa a mezz’aria sul destino e l’impiego del Ponte Parodi.

Ma l’elenco sarebbe infinito perché a Genova hanno sempre avuto un ruolo devastante i cosiddetti “veti incrociati” che sono stati frutto non solo di contrasti e di strumentalizzazioni politiche, ma anche soltanto di piccoli interessi di imprenditori diffidenti ed egoisti, senza la possibilità di interventi istituzionali superiori per arrivare a una mediazione. Per cui non resta, per il momento, che restare attraccati al Ponte Somalia per capire che cosa potrà succedere nei prossimi mesi.