Angelo Bagnasco, vescovo discreto ed efficiente
di Paolo Lingua
Oggi, dopo 14 anni, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo metropolita di Genova, saluta i suoi fedeli e i suoi collaboratori con una messa nella cattedrale di San Lorenzo. E’ il rituale di addio.
Bagnasco, come Giuseppe Siri, ha “regnato”, se così si può dire, in patria, un pastore genovese, profondo conoscitore della sua città e del territorio della Liguria. La sua carriera, al di là della sua discrezione e della sua riservatezza, è stata una delle più alte nel mondo ecclesiastico. Ha compiuto studi di teologia e di filosofia (si è laureato all’Università di Genova) nelle università lateranensi. Ha avuto importanti incarichi in seno alla Curia di Genova. E’ stato vescovo di Pesaro e poi ordinario militare italiano.
Infine, nel 2006, è succeduto al cardinale Tarcisio Bertone, nominato Segretario di Stato, alla guida del capoluogo ligure. Prudente, moderato, equilibrato, aperto ai problemi sociali e delle fasce più deboli della popolazione, Bagnasco ha sempre avuto una acuta sensibilità nei confronti del mondo del lavoro, entrando in pieno in tutte le problematiche occupazionali e industriali che, purtroppo, non sono mancate a Genova e in Liguria. Al tempo stesso ha coperto ruoli importanti a livello nazionale e internazionale.
Al momento della sua elezione al Pontificato, si temeva che papa Francesco non avesse una grande predilezione per Bagnasco che, per un certo periodo, aveva sostenuto l’elezione al Soglio Pontificio di un italiano (si adombrava l’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Scola, alle prime votazioni indicato come rivale di Francesco), anche se poi, in Conclave, aveva ripiegato sull’arcivescovo di Buenos Aires. Ma Francesco, in breve tempo, aveva apprezzato le qualità di prudenza e di mediazione di Bagnasco.
Occorreva una personalità come la sua per ricucire differenze e contrasti all’interno dell’episcopato italiano. Di qui la sua nomina, poi confermata per un secondo mandato, a presidente della Cei, un ruolo che Bagnasco ha svolto con eccezionale prudenza e moderazione, ottenendo consensi unanimi per le sue capacità di gestione. Un ruolo che ha fatto di lui uno dei collaboratori più stretti e corretti del Pontefice.
Bagnasco è sempre stato poi a Genova in particolare dalla parte di chi soffre e di chi è debole. Vanno ricordate le sue processioni e presenze al Santuario della Guardia e la sua presenza, discreta e solidale, nei momenti drammatici delle alluvioni e, in ultimo, in occasione del crollo del ponte. Nessuna ostentazione, nessuna arroganza, disponibilità all’ascolto di tutte le voci, capace però di spronare e rimproverare quando si presentava il caso, nemico degli eccessi.
Bagnasco, dopo la Cei, è diventato, su designazione del Papa, presidente della Cei europea, proprio quando l’Europa dava segni di debolezza e di scricchiolii. Presidente dei vescovi cattolici, ma vicino fraternamente anche a protestanti e ortodossi nel nome della fraternità cristiana, Bagnasco ora conserva, anche quando cederà idealmente il suo pastorale al padre Tasca entro venti giorni, la leadership in Europa ancora per un anno. Una gestione non agevole, considerato questo periodo in cui tanti problemi – dall’immigrazione alla pandemia, sino alle crisi economiche e del lavoro – attraversano e tormentano il continente. Bagnasco sosterrà la solidarietà e il dialogo, cercando sempre di cucire e di non rompere.
Ha promesso di restare comunque a Genova e di occuparsi di carità e di solidarietà dalla sua nuova, semplice residenza nella casa del clero, alle spalle della stazione Brignole, in un clima sereno ne non sfarzoso, che si addice al suo carattere. Direbbe San Paolo in un passaggio famoso: la mia corsa è finita, ho combattuto una buona battaglia e ho conservato la fede. Ma la corsa del cardinale Bagnasco, quella delle fede conservata, non è ancora finita. La sua azione sarà discreta ma, come sempre, molto efficace. E’ il suo miracolo fuori dei riflettori.
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