Viaggio in una Genova finalmente deserta: forse così ce la faremo
di Andrea Carozzi
Molti quartieri semi deserti: nei terribili giorni del picco una speranza
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È una Genova deserta quella che mi trovo ad attraversare la mattina di giovedì 19 marzo, sono poche le macchine che sfilano stanche sulle strade e altrettanto poche sono le persone che si scorgono sui marciapiedi, alcune con le mascherine altre senza, ma tutte con la stessa espressione sul volto, quella di chi vorrebbe essere da un’altra parte, in un altro posto, in un altro tempo.
La maggior parte di loro va a fare la spesa attraversando i non pochi lavoratori che non possono usufruire dello smart working come corrieri, muratori, dipendenti di Aster e Amiu o Amt, a cui la città dovrebbe forse dire un grazie quando tutta questa situazione sarà finita o molto più probabilmente stabilizzata, visto che giunti a questo punto comincia ad essere da ingenui pensare ad un rapido ritorno ai tempi del pre coronavirus, a quando a fare notizia era la caccia ai biscotti alla nutella nei supermercati, mentre ora ad andare a ruba sono le mascherine anti contagio e il gel igienizzanti, oggetti fino a poco tempo fa ignorati dai più.
Chi lo avrebbe mai pensato, mi domando percorrendo una corso Italia deserta a bordo del mio scooter, che nel 2020 in pieno boom da rivoluzione digitale il mondo si sarebbe trovato a fronteggiare una pandemia in grado di far passare in secondo piano il tracotante dibattito politico, la Serie A, la sempre più penetrante voce degli influencer, Bugo e Morgan al Festival di Sanremo eppure è capitato.
Ed ecco che da Boccadasse a Principe, passando per corso De Stefanis e circonvallazione a Monte non si muove una foglia, la gente sta in casa, i negozi che non vendono beni di prima necessità sono chiusi e nonostante la primavera cominci a “bussare alle porte e ad entrare dalle finestre” anche i più giovani sembrano optare per un ritiro casalingo, segno di come forse gli appelli lanciati da istituzioni, società civile, e comunità medica, ma anche l'adozione delle tristi, seppur necessarie, norme che limitano la circolazione e l'aggregazione comincino ad essere ascoltati. E questa, tra i bollettini medici impietosi e lo spettro sempre più consistente di un'imminente crisi economica è una buona notizia che sottolinea che prima o poi ne usciremo.
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