Via della seta, fenomeno storico ma attenti alle contraddizioni
di Paolo Lingua
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Il Punto di Paolo Lingua
E’ certamente saggia la riflessione di Pino Musolino, Presidente dell’Autorità Portuale del mare Adriatico, in margine a tutte le problematiche sollevate nei mesi scorsi sulle prospettive di sviluppo sorte con il complesso fenomeno noto come “Via della Seta”. Musolino è intervenuto stamani a Palazzo San Giorgio in margine al convegno dal suggestivo titolo “Da Marco Polo a Cristoforo Colombo”.
In effetti i grandi lavori, in corso da qualche anno, per creare un collegamento via terra tra la Cina e l’Europa Occidentale, la nascita di nuove e grandi città con il ruolo strategico di “tappe” della movimentazione di quantità ingenti di merci d’ogni tipo, la forte presenza in Africa di imponenti interessi commerciali cinesi, l’acquisizione controllata di importanti scali del Mediterraneo (non ultimo il Pireo, in Grecia) e l’interesse recentemente manifestato con il viaggio del leader cinese Xi in Italia e in Francia, oltre che con i colloqui, sia pure altalenanti con gli Usa, tutto questo gigantesco fenomeno commerciale e finanziario ha messo in moto, quasi frenetico, il mondo dello shipping, dell’industria e della finanza.
Per la verità, solo per restare in Italia, ci sono state reazioni differenti, a tutti i livelli, in particolare quello politico, tra conventi assertori del nuovo orizzonte del business e prudenti e diffidenti critici. Ma anche il mondo imprenditoriale appare diviso, probabilmente anche per contrasto di interessi e di giochi complessi di concorrenza, per certi aspetti fisiologici, ma anche per la nascita di nuove possibilità di fare affari, ma dove però, in molti casi, esiste un passaggio “superiore” in cui è necessario prima un accordo tra governi.
Non solo: in teoria in Europa dovrebbe esserci (ma non c’è di fatto) una linea coerente di impostazione della Ue e questa dovrebbe per certi aspetti rapportarsi con gli Usa che però non sempre hanno una linea coerente. In realtà la prospettiva d’un nuovo e immenso mercato (mosso in due sensi) fa nascere fisiologicamente forti appetiti da parte del mondo imprenditoriale privato, ma c’è anche da dire che la dimensione di certi traffici e di certi settori produttivi e merceologici provoca squilibri, non sempre di crescita, nei rapporti tra gli Stati e anche all’interno d’un singolo Stato.
Il mercato cinese ha certamente strade più facili d’azione nei Paesi arretrati, di scarso sviluppo e quindi più disponibili (in quanto più fragili). E’ fin troppo ovvio che, considerata la situazione economica della Grecia, è stato più agevole acquisire il controllo del Pireo che inserirsi in qualche modo in grandi porti italiani, francesi o spagnoli.
L’asse portante del traffico della “Via della Seta” avrà, in linea di massima, i passaggi portuali più importanti a Genova e a Trieste, mentre continueranno ad arrivare merci lungo la linea tradizione che sbocca nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. E’ giusto quindi l’invito di Pino Musolino, nel corso d’una discussione anche accanita, a trovare una strada razionale di equilibrio, di mediazione e di razionalizzazione programmata d’un fenomeno epocale che è anche difficile afferrare per i lembi e ricondurlo a una ipotetica linea di processo razionalizzato.
Ma è un tentativo e uno sforzo da compiere per evitare sconquassi politici ma anche alterazioni economiche. Come sempre, quando avvengono rivoluzioni sociali di questa portata, c’è sempre chi ci guadagna e chi ci rimette, chi individua la linea vincente e chi rischia di uscire dal mercato. Ma l’economia non è solo “privata”, ha troppe connessioni con la vita sociale e con la politica. Ha quindi mille ragioni Musolino. Occorre razionalità e una visione di strategia di ampio respiro. La “Via della Seta” è qualcosa di più d’un business, per grande che sia.
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