Ucciso durante un Tso a Genova, il giudice: "Non si poteva agire diversamente"

di Alessandro Bacci

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Il gup: "Difficile immaginare cosa di diverso avrebbe potuto fare l'imputato"

Ucciso durante un Tso a Genova, il giudice: "Non si poteva agire diversamente"

L'intervento di Tso con la polizia, in via Borzoli a Genova a giugno dello scorso anno nel corso del quale morì Jefferson Tomalà, fu "legittimo" anche perché intervennero questioni di "sicurezza di ordine pubblico" e "non si poteva agire diversamente". E' quanto scrive il giudice per l'udienza preliminare Silvia Carpanini nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto l'agente Luca Pedemonte, accusato di eccesso colposo di legittima difesa. Secondo quanto ricostruito, Tomalà si era barricato in una stanza di casa con un coltello e i familiari avevano chiesto aiuto perche' minacciava di ucciderli e suicidarsi. Arrivarono gli uomini delle volanti e nell'irruzione spruzzarono spray al peperoncino per bloccarlo e sottoporlo al Tso ma il giovane aggredì e ferì un poliziotto e Pedemonte sparò quindi sei colpi uccidendolo. Il giudice il 26 settembre ha accolto la linea difensiva dei difensori del poliziotto, gli avvocati Antonio Rubino e Giulia Liberti: "Appare assai difficile, se non impossibile - si legge nelle motivazioni - immaginare cosa di diverso avrebbe in concreto potuto e dovuto fare l'imputato, in quella situazione, per salvare il collega, senza mettere comunque seriamente a repentaglio la vita del giovane sudamericano". "A Genova - prosegue il giudice - non esistono normativa o disposizioni che individuino la Polizia Locale come unica forza competente nell'attuazione del Tso, né è stata configurata all'interno del corpo di Polizia Locale una sezione ad hoc, istituita al fine di eseguire in modo esclusivo il trattamento sanitario obbligatorio, ma la relativa competenza è stata incardinata per questi interventi al reparto automontato, ma solo in via sussidiaria".

Tornando sulle modalità dell' intervento, il giudice sottolinea come "la conformazione dei luoghi, la posizione delle persone ed in particolare quella dell'aggressore Tomalà rispetto all'agente aggredito, oltre che di entrambi rispetto a Pedemonte, il tipo di arma in dotazione e le condizioni di visibilità, resa precaria dall'uso dello spray urticante, non consentivano ragionevolmente molte possibilità di scelta né, comunque, pare possibile addebitare all'imputato, se non in modo assolutamente ipotetico e astratto, di non avere diversamente indirizzato i suoi colpi, per bloccare Tomalà senza però ucciderlo". Ancora, "il Tso è uno strumento finalizzato unicamente alla cura dell'ammalato in particolari situazioni - si legge nelle motivazioni - e non è strumento di difesa sociale pertanto comportamenti aggressivi, violenti o antisociali devono essere affrontati e contenuti dalle forze dell'ordine. Anche il paziente psichiatrico che commette un reato deve essere trattato come ogni altra persona, per quel che riguarda l'intervento preventivo e repressivo".