Tutti i problemi di quel che resta del ponte Morandi
di Paolo Lingua
Il Punto di Paolo Lingua
La magistratura affonda il bisturi delle indagini sulle omissioni presunte, sugli errori e sui limiti tecnici del ponte Morandi: si comincia a percepire una sorta di alone nefasto attorno alla struttura crollata che coinvolge la costruzione, la manutenzione ed eventuali freni (ma perché mai, visto l’esito tragico?) a un possibile intervento drastico riparatorio e manutentivo. Questa azione che si sta catalizzando su due fronti – ulteriori analisi sui rottami e sulle strutture ancora esistenti e sulle documentazioni di tutti coloro che avevano compiti diretti o indiretti di controllo – si innesta e si intreccia con le operazioni di demolizione dei due tronconi che stanno segnando ritardi e spostano il momento dell’inizio della ricostruzione effettiva.
E’ ovvio che la magistratura inquirente poterebbe decidere ulteriori stop e nuove analisi sui resti del ponte e quindi portare ulteriori ritardi. Al tempo stesso non sembra ancora risolta la metodologia demolitiva. Con il montaggio in via di realizzazione delle super-gru si dovrebbe arrivare a demolizioni meccanico-tecniche da parte di operai specializzati, sempre tenendo conto della possibile presenza in percentuali più o meno alte di amianto.
Ma, anche per una convinzione precisa non rimossa da parte degli uffici del commissario straordinario, non si è rinunciato ancora a possibili interventi con le microcariche di dinamite, una prassi che certamente accelererebbe i tempi operativi e spianerebbe la strada della ricostruzione. In effetti, in queste ultime settimane ci si è resi conto che, per il momento, le maggiori problematiche dell’intera operazione di ricostruzione riguardano la demolizione.
Per la costruzione specifica, considerato l’impiego dell’acciaio in prevalenza rispetto al modello del passato e la grande esperienza delle società incaricate del progetto (Salini-Impregilo e Fincantieri), si è molto più ottimisti rispetto alla tempistica sinora preventivata. Gli interventi demolitori non riguardano soltanto i tratti di lastre del ponte e le cosiddette “pile” di sostegno ma anche la non meno complessa questione della demolizione degli edifici destinati a sparire. Si parla di parecchi palazzi per un totale complessivo di centinaia di appartamenti.
Tra l’altro coloro che prima di essere sfollati vi abitavano hanno ottenuto di poter compiere ancora una visita per tentare ulteriori recuperi di oggetti personali. Quindi occorreranno altri tempi e metodologie di sicurezza per queste visite e per questi trasporti. Infine, dovranno essere effettuati controlli ed esami per verificare se questi edifici contengano percentuali pericolose di amianto. Anche per queste future demolizioni si pensava alle cariche di dinamite per accelerare i tempi, ma anche in questo caso potrebbero emergere questioni ambientali e occorre capire se sia le maestranze che interverranno sia gli abitanti dei quartieri confinanti potrebbero correre dei rischi.
Le decisioni dovranno essere assunte in tempi relativamente brevi, ma si ha una precisa sensazione. I tempi, come del resto era prevedibile sin dall’inizio, sono destinati ad allungarsi. Restano alcuni fatti positivi: in primo luogo la ristrutturazione del traffico con la realizzazione lungo l’asse del ponente cittadino d’un sistema rapido e diretto per consentire alle vetture private e agli automezzi di inserirsi nel varco autostradale di Cornigliano. Era comunque un’opera da effettuare anche prima, così come il recupero dei percorsi portuali interni per consentire il passaggio di autocarri pesanti. Quando sarà ricostruito il ponte e si recupererà l’accesso a Sampierdarena sempre per i collegamenti a ponente, queste opere dovranno essere mantenute.
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