Tutte le incognite della ripresa autunnale
di Paolo Lingua
Cerchiamo di fissare una radiografia credibile e obiettiva della situazione dell’Italia, alla vigilia d’una non facile ripresa del nostro Paese. Constatiamo, senza fare gli indovini o gli interpreti della realtà, che esiste una ripresa delle infezioni, sia pure in forma più blanda, con rarissimi ricoveri intensivi e con un calo nettissimo della mortalità, anche perché i nuovi casi riguardano per lo più giovani al di sotto dei 40 anni, infettati o per il ritorno da vacanze poco controllate nei comportamenti o per la partecipazione a movide confuse.
In settembre, i primi appuntamenti di ripresa che ci attendono riguardano in primo luogo la ripresa della scuola il 14 , cui seguirà il 20 e il 21 l’appuntamento elettorale. E qui sorgono i primi interrogativi che sono anche il frutto delle polemiche a 360° che si inseguono da molte settimane. Tutte le scuole (ci riferiamo dagli asili sino alle medie superiori, perché l’Università è un discorso a parte) sono pronte a ripartire senza indugi? C’è già l’assetto dei nuovi banchi? Ci sono i docenti in numero adeguato? Le distanze nelle nuove aule sono rispettate? E gli allievi dai 6 anni in su possono contare sull’uso delle mascherine? O ha ragione il professor Bassetti quando afferma che è difficile gestire le mascherine a scuola con i ragazzini più giovani? In realtà siamo di nuovo a un complesso percorso nel quale, secondo una tradizione italiana consolidata, di procede dando un colpo al cerchio e un colpo alla botte.
Non va dimenticato che a una settimana dall’inizio delle scuole si svolgeranno le elezioni che bloccheranno le strutture dal 18 settembre, come minino, sino al 22 o al 23 se non oltre. Ma poi si prevede che arrivino i nuovi banchi e che si trovino nuove location. Non tutta l’Italia è eguale e non tutti gli assetti, nei grandi centri e nelle periferie, sono eguali. E’ prevedibile quindi che sino alla prima decade di ottobre le scuole non decolleranno. Poi, un discorso a parte, dovrà valere per le Università per quel che riguarda , oltre che le lezioni, anche esami, prove di esercitazioni e lavori in laboratori sia medici, sia scientifici. Tutte domande, sinora, senza risposte.
Gli interrogativi sul coronavirus e sulla sua possibile diffusione restano sospesi in aria. Perché un ritorno a regole rigide di chiusura come in marzo, aprile e maggio sembrerebbe escluso, sempre che le infezioni non riprendano in crescendo. Ma questo sarà un problema che potrebbe riaprire il discorso sulla ripresa economica e produttiva, già pesantemente condizionata. Infine c’è l’incognita dei vaccini: con Paesi in gara tra di loro per varare il primo modello (Cina, Russia, Usa, ma anche l’Italia con collaborazioni internazionali). Quanto c’è di serio e di concreto sugli esiti che si annunciano postivi? Quanto gioca l’interesse economico che potrebbe avere guadagni incalcolabili per le società multinazionali farmaceutiche? Sono tutti interrogativi molto seri e non trascurabili. Perché di fronte alle incertezze del governo e ai contrasti tra governo e regioni e le regioni tra di loro, c’è il forte e intenso desiderio dei cittadini di ogni genere e condizione sociale di tornare al più presto alla normalità, un’ansia che può dar vita a una nevrosi collettiva, perché sono tante le problematiche esistenziali che si accavallano. E l’incertezza, il cambio quotidiano di decisioni aumentano inquietudini e precarietà. A tutti i livelli.
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