Troppi affanni post-elettorali: politica da dilettanti

di Paolo Lingua

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Troppi affanni post-elettorali: politica da dilettanti

Continua l’affanno post elettorale in tutti gli schieramenti. Il caso più eclatante resta lo stato interno del M5s che ormai appare diviso in più tribù: chi vuole chiudere con Casaleggio e con la Piattaforma Rousseau (in verità da sempre poco convincente), chi vuole una trasformazione in partito di governo riconducibile a una sinistra autonoma (Di Maio), chi vorrebbe tornare alla prima natura del movimento magari anche andando all’opposizione (Di Battista), chi cerca di tenere in piedi – in bilico – una serie di posizioni differenti (Crimi), chi lancia l’dea d’una rivoluzione istituzionale “impossibile”  con l’abolizione del parlamento (Beppe Grillo).

Chi vuole andare da solo alle prossime amministrative, chi punta a un accordo integrato con il Pd. Ci vorranno giorni, forse settimane per capirci qualcosa, sempre che sia possibile. I grillini hanno ottenuto un successo (forse indiretto) con il “si” al referendum , ma hanno preso una mazzata sul piano del voto, in tutta Italia. Di qui lo stato di agitazione all’interno del movimento e più disparate strategie che emergono. Questo ha fatto alzare la cresta al Pd, in particolare a Zingaretti che ora punto a un governo, magari anche senza rimpasto, che però faccia sue alcune delle peculiarità strategiche del partito, dalla modifica dei decreti sicurezza al recupero dei fondi del Mes, per non parlare dei contenuti di quello che sarà l’impiego dei fondi, i famosi 209 miliardi, del “Recovery Fund”. Il Pd, al di là degli aspetti generalisti e sociali, vorrebbe puntare a una ripresa delle opere pubbliche e in particolare delle comunicazioni interrotte da tempo, tutti temi che hanno sempre trovato frenante il M5s.

E’ una questione complessa, certamente, che non è chiaro quanto potrà durare anche se l’obiettivo di tutti è rinviare le elezioni politiche: il Pd vuole la nuova legge elettorale e riforma costituzionali e superare annunci populisti. Ma sulla base degli esiti del voto gli equilibri attuali in Parlamento non sarebbero più gli stessi. Un ulteriore elemento di confusione e di contraddizione.

Il voto delle regionali ha alterato anche gli equilibri del centrodestra e ha creato non poca agitazione. E’ emerso, dopo l’intervista di Giovanni Toti di alcuni giorni fa, un nuovo elemento all’interno dell’alleanza, forte sul piano elettorale ma non omogenea al suo interno. Si ridiscute su chi potrebbe gestire a pieno titolo la leadership dell’alleanza. Esistono, tanto per chiarire la problematica, al di là delle ambizioni personali, due letture del centrodestra. Una è più sovranista e populista e raccoglie in gran parte la linea della Lega (dove però stanno nascendo dei distinguo) e di Fratelli d’Italia (vedi in Europa l’alleanza con la Le Pen e con certi governi come quello ungherese); l’altra è più liberale ed europeista e riguarda Foza Italia e i partitini di centro, oltre che a “Cambiamo!” di Toti. Quest’ultimo, euforico per la vittoria in Liguria al di sopra di ogni aspettativa della vigilia, ha ripreso il progetto di rifondare il partito di Berlusconi e di puntare alla sua leadership, possibilmente creando una federazione in grado di smorzare certi contenuti dei due alleati.

Un progetto molto ambizioso ma di non semplice realizzazione perché il movimento di Toti è quasi insistente al di fuori della Liguria e perché i consensi non sono così semplici da raccogliere. Si alternano a tutti i livelli intuizioni e confusioni, lucidità e contraddizioni. Inoltre va tenuto conto, ora più che mai, della fragilità e soprattutto della volatilità dell’elettorato il cui comportamento è non facilmente prevedibile, come dimostrano le modeste figure dei sondaggi dei giorni scorsi. Intanto occorrerà mettere mano alle nuove giunte regionali, con tutti gli assestamenti e con tutti gli equilibri che in questi casi da sempre sono richiesti. Ma vincitori e vinti continueranno nelle prossime settimane a rimuginare sogni e delusioni anche nella prospettiva, di cui si parla già, delle elezioni amministrative della prossima primavera, tra sogni di rivincite e di conferme.