Un anno di conto alla rovescia per banca Carige

di Paolo Lingua

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Un anno di conto alla rovescia per banca Carige
La relazione del ministro dell’economia Tria alle commissioni parlamentari sul decreto che riguarda la banca Carige non ha portato nulla di nuovo in buona sostanza. Tria ha confermato, in sintesi, che il governo è intervenuto per garantire la solidità della banca per i prossimi mesi ma ha smentito l’obiettivo di statalizzarla. Ha detto ancora che ci si deve augurare che si salvi, che resti privata ed, eventualmente, che, con saggezza, si cerchi una aggregazione con una struttura di maggior peso. Nella storia degli istituti di credito italiani si è osservato nell’ultimo quarto di secolo a una aggregazione di quelle che erano definite un tempo le banche “di interesse nazionale” e che ormai non sono più gestibili le banche pubbliche come quelle controllate dall’Iri sin dai tempi del Fascismo e, per molti aspetti, proseguite nei primi trent’anni della Prima Repubblica. Ovviamente attorno alla Carige non mancano le gravi problematiche e gli interrogativi appesi restano tanti (qualcuno dice troppi). Come si risolve l’operazione di ristrutturazione finanziaria del cosiddetto “buco”, frutto dei titoli deteriorati, un totale di quasi tre miliardi? I commissari, molto condizionati dalle pressioni della Bce, metteranno a punto un piano industriale credibile e accettabile che consenta la raccolta di altri 400 milioni, una volta tanto destinati a non diventare cenere, come negli aumenti di capitale del passato? E in questo caso come si comporterà l’azionista di riferimento la Malacalza Investimenti che rischia altrimenti d9i vedere finire in fumo il suo 27,5% delle azioni Carige? I Malacalza , oltre che aprire azioni giudiziarie (una denuncia è partita nelle scorse settimane alla Procura della Repubblica di Genova, sui comportamenti del vecchio consiglio d’amministrazione), hanno in mente l’ipotesi di aprire un ‘Opa che acquisire tutto l’istituto? E quali saranno i comportamenti specifici della Bce e della Banca d’Italia. C’è chi mormora, ma neppur tanta sottovoce, che sulla zattera che naviga tra i marosi, ovvero la Carige, si concentrano, come in un film, i voli predaci di grandi istituti, come l’Intesa San Paolo o l’Unicredit. Ovviamente sono già piovute le smentite, ma c’è chi afferma che all’interno dei grandi centri di controllo nazionali ed europei si muovono piccole e grandi lobbies e gruppi di interesse più o meno collegati appunti ai grandi centri di credito. Insomma, nel mondo della finanza, come del resto è noto, ci sono partiti e gruppi ne centri d’interesse. Anche in passato, con tutte le crisi grandi e piccole che si so no consumate, non sono mancate le correnti sotterranee, magari vicine a potentati e a partiti. In questo senso forse si può comprendere  una linea, più partitica che di governo, che ha caratterizzato gli interventi del sottosegretario Giorgetti (Lega) e del vicepresidente del consiglio Di Maio. Tutti e due con sfumature diverse si sono dichiarati favorevoli alla statalizzazione della Carige come soluzione finale. Un obiettivo però che, come si è detto, non è contenuto nel decreto del governo e che ha visto nettamente contrario il ministro Tria. Ora sono previste alcune tappe: la consegna del piano industriale entro la fine di febbraio; una più che certa assemblea degli azionisti tra marzo e aprile., una sintesi in giugno e la conclusione, tirando le somme, per la fine di novembre. Banche, enti di controllo, commissari, azionisti, governo e partiti, per non parlare di aspiranti acquirenti sono schierati attorno a questo complesso banchetto, dove piatti, stoviglie e cibo si confondono ancora un poco. Gran parte delle carte sono ancora coperte, anche perché i percorsi strategici non sono unitari, per non parlare di un altro problema che incombe e che per il momento è rimosso per evitare sollevazioni sindacali e dell’opinione pubblica, vale a dire il livello occupazione della Carige (ancora 4000 dipendenti) che è ritenuto eccessivo e troppo costoso in un momento in cui le tecnologie impongono dappertutto tagli strategici. La forza della Carige è ancor anella sua ricchezza intrinseca e nel numero dei correntisti e piccoli azionisti che però sono e restano sul piede di guerra, per non dover pagare ulteriori prezzi per il risanamento tanto sospirato, mentre il titolo è ancora sospeso in Borsa per necessità inderogabile. Dieci mesi di fuoco? Giro del Mondo in 80 giorni? Il conto comincia oggi dopo le caute parole del ministro Tria, ma tutte le soluzioni sono possibili, anche le più amare, ma la Carige, per la sua storia legata alla Liguria, non se lo meriterebbe davvero.

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