Tasca, la memoria del Ponte Morandi sia scelta quotidiana di speranza e responsabilità
di Anna Li Vigni
L’arcivescovo di Genova invita a trasformare il ricordo in impegno condiviso per una città più giusta e solidale
Nel settimo anniversario del crollo del Ponte Morandi, l’arcivescovo di Genova Marco Tasca ha esortato a coltivare una speranza concreta, capace di unire la comunità civile e religiosa nella responsabilità verso il futuro.
Dolore indelebile – «Il dolore che vi ha segnato sette anni fa è indelebile e resta vivo nei vostri cuori e nelle vostre case. L’eco delle grida e dei pianti di quel giorno risuona ancora – e deve risuonare ancora – nelle fibre più profonde della nostra città, facendosi sempre più sofferta e decisa invocazione di giustizia», ha affermato Tasca, ricordando le 43 vittime.
Speranza – Chi attraversava il ponte il 14 agosto 2018 «cercava la vita», ha proseguito l’arcivescovo, elencando le destinazioni e le attività quotidiane interrotte dal crollo. Ha poi riflettuto sulle inquietudini attuali: guerre, ingiustizie sociali, malattie fisiche e spirituali che colpiscono soprattutto i più fragili. In questo contesto, ha sottolineato, la speranza non è un’illusione ma «nasce dall’ascolto, dalla prossimità, dalla solidarietà concreta» e per i cristiani porta il nome di Gesù di Nazaret.
Memoria attiva – Tasca ha definito l’onorare la memoria «una scelta quotidiana di non arrendersi alla sfiducia, di non cedere alla chiusura individualista, di non lasciarsi condizionare dalla paura paralizzante». Fare memoria significa quindi «scegliere la speranza», attraverso il servizio al bene comune, il rispetto delle regole e il coraggio di guardare avanti senza dimenticare il passato.
Valori condivisi – L’arcivescovo ha richiamato le radici della convivenza cittadina: «solidarietà, cooperazione, giustizia, rispetto, cura», valori che Genova ha saputo esprimere in molte occasioni e che oggi vanno rinnovati con decisione.
Segni di luce – Anche nei momenti più oscuri, ha aggiunto Tasca, è possibile scorgere «uno spiraglio, una luce» che si manifesta nell’amore familiare e amicale, nella dedizione al lavoro, nella fedeltà di chi sceglie di costruire. Segni visibili nel desiderio diffuso di una città «più giusta, sicura e accogliente» e nei volti di chi partecipa con discrezione e affetto alla commemorazione.
Appello – Concludendo, l’arcivescovo ha invitato a non ridurre la cerimonia a un rito formale, ma a viverla come «un appello condiviso alla responsabilità», affinché la radura della memoria diventi anche spazio di rinascita e speranza.
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