Sistema proporzionale per favorire nuovi sostenitori
di Paolo Lingua
Il governo, come previsto, passa con una maggioranza “relativa” non lontana dalla quota “assoluta”: quel tanto che gli consente di sopravvivere per i prossimi mesi per raggiungere la provvisoria piattaforma di sicurezza data dal semestre bianco che precede l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Non si possono fare, data la fragilità politica del momento, progetti più alla lunga, ma la crisi potrebbe, dopo l’elezione del Capo dello Stato (sul cuoi esisto per ora è buio assoluto), emergere. Ecco perché Giuseppe Conte, sia ieri alla Camera, sia oggi al Senato, tra gli annunci – molti dei quali generici - di provvedimenti e azioni del governo, ha confermato che i due rami del Parlamento daranno vita a un nuovo sistema elettorale, basato sul proporzionale. Una ipotesi che certamente alletta i piccoli partiti e anche i gruppi di nuova caratterizzazione che hanno sostenuto con il loro voto l’attuale esecutivo.
I dettagli del nuovo proporzionale (che dovrebbe essere eguale per i due rami del Parlamento) ancora non sono stati enunciati: sarà un proporzionale assoluto, oppure ci sarà una soglia di sbarramento? Per compiacere le piccole formazioni la prima soluzione potrebbe essere la più ovvia anche perché con il taglio pesante dei parlamentari rimane assi più difficile per gli schieramenti meno robusti raggiungere le quote elettorali anche se si dovesse arrivare allo sbarramento che comunque non sarà mai superiore al 3% che è già una quota ardua per molti movimenti. In questa chiave è più che possibile che la compagine che sostiene Conte punti a “catturare” transfughi ulteriori dalle aree di centro e in casa di Italia Viva, considerato che i sondaggi sino a ora non hanno gratificato Matteo Renzi. Anche il braccio di ferro con Conte non sembra avergli dato il favore dell’opinione pubblica che il leader fiorentino ha perduto, sembra inesorabilmente, dopo la pesante sconfitta al referendum sulla riforma costituzionale.
Non siamo di fronte a una grande strategia, ma l’attuale esecutivo viaggia su una maggioranza molto fragile e, per il momento, l’obiettivo immediato sembra limitato nel tempo e nello spazio a campare ancora un anno, grosso modo. Si procederà a piccoli passi nella speranza che i vaccini, che prima o poi dovrebbero arrivare in quantità assai più massiccia, pieghino il diffondersi del coronavirus e riportino il Paese (ma anche tutti gli Stati europei confinanti) verso la normalità. Questa situazione potrebbe coincidere con l’elezione del Presidente della Repubblica, nei primi mesi del 2022. Ma quali saranno le condizioni dell’economia? L’impiego dei finanziamenti del Recovery Fund è uno dei punti meno chiari dell’esposizione di Conte di questi giorni, tanto è vero che non sono mancati interventi polemici da parte dell’opposizione, tra i quali quello del deputato ligure della Lega Edoardo Rixi che ha sostenuto un maggiore impegno più sugli investimenti economici che sui sussidi nei confronti di singoli individui . In parole povere: meglio un soggetto con un decoroso posto di lavoro che dover fare versamenti assistenziali.
In parte, sia pure con oscillazione tattiche non sempre chiare, lo stesso Renzi aveva criticato i limiti del progetto di Conte puntando sui progetti di grandi opere e comunque di ripresa produttiva. Rixi ha ricordato alla Camera gli interventi previsti per la Liguria, a cominciare dall’allargamento della diga foranea del porto che è una importante mossa strategica in funzione della ripresa dei traffici marittimi. Nell’attuale governo soluzioni strategiche del genere vedono più favorevole il Pd, mentre è più oscillante e vago il M5s, così come è caparbiamente contrario all’utilizzo dei fondi (36 miliardi) del Mes per la sanità. Questi, oltre e più del recupero tattico dei consensi, sono i veri nodi da sciogliere per i prossimi mesi, perché, al momento della scomparsa della pandemia non si può essere fermi e impreparati o addirittura, per esitazioni e compromessi, aver perduto una larga parte di quegli importanti e determinanti 209 miliardi previsti dai vertici dell’Europa.
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