Si allungano (come prevedibile) i tempi della demolizione del ponte Morandi
di Fabio Canessa
2 min, 54 sec
Il Punto di Paolo Lingua
Purtroppo era prevedibile e, a questo punto, è inutile lanciare slogan al vento: i tempi di demolizione dei tronconi del ponte Morandi si allungano e forse si allungheranno ancora. Per adesso si ritiene che i tempi slitteranno mdi un mese, ma è probabile che si vada, per altri motivi e per altri inciampi, anche più in là.
La vicenda delle demolizioni delle pile e, non lo sappiamo ancora, dei numerosi palazzi che si trovano sotto i resti del ponte è destinata a prolungarsi nel tempo. La demolizione della pila 8 è per il momento sospesa e si saprà solo nei prossimi giorni quando sarà possibile cominciare l’opera di distruzione che avverrà, a quanto ormai si è appreso e come avevamo anticipato anche noi da queste pagine, con il sistema meccanico e non oltre una decina di giorni. Per le pile dell’altro tratto del ponte crollato potrebbe essere possibile l’impiego delle cariche di dinamite, salvo che non emergano nuovi aspetti di rischi di possibile inquinamento.
Un discorso che vale anche per i palazzi già destinati a essere abbattuti. La vicenda non è delle più semplici perché i ritardi porteranno necessariamente a un aumenti dei costi previsti, ma le imprese coinvolte ovviamente ritengono che tale incremento finirà per forza di cose a carico del comune e dell’organizzazione commissariale perché la presenza dell’amianto o comunque di altre sostanze inquinanti non è certamente responsabilità delle imprese che hanno ottenuto l’opzione demolitoria.
La situazione non è drammatica ma rientra nelle ipotesi, già formulate al momento del decollo del grande progetto della ricostruzione del ponte Morandi, che mettevano in campo, come quasi sempre è avvenuto in casi simili, le ipotesi si allungamento dei tempi e dell’aumento dei costi. E’ già stato detto in molte occasioni, ma è logico e corretto ribadirlo anche nei confronti dell’opinione pubblica, che l’operazione più delicata e complessa riguarda la demolizione dei due tronconi del ponte.
Per fortuna, il sindaco-commissario Marco Bucci, in questo sostenuto dalle imprese che hanno vinto gli appalti demolitori, non ha ceduto ai canti delle “sirene” che adombravano la possibilità di tenere in piedi una parte del ponte per motivi “estetici” o comunque di conservazione d’un modello urbanistico. Troppo rischioso andare dietro a simili vezzi che poi nascondono interessi professionali.
Meglio andare diritti all’obiettivo, anche perché le pile e Parte della struttura rimasta in piedi non è certo sicura e poi se si è deciso di ricostruire il ponte in acciaio diventerebbe assai complicato dar vita una realizzazione complessa e costosa. Bisognerà, per forza di cose, fare buon viso a cattiva sorte e demolire, dove è possibile, con le microcariche di dinamite anche per guadagnare tempo e rassegnarsi a impiegare mezzi meccanici dove non è possibile fare altrimenti, oppure rassegnarsi all’impiego di mezzi meccanici, non trascurando tutte le precauzioni per non creare danni alla salute del personale impiegato che potrebbe finire a contatto con eventuali materiali inquinanti e nocivi alla salute.
Ci sono poi tutte le problematiche connesse a eventuali danni all’ambiente. Tutta la zona, dal Campasso invaso dai residui dello smarino e i rioni che resteranno abitati ma confinanti con le aree dove sono previste le demolizioni, subirà potenziali danni. La popolazione residente è inquieta e minaccia ricorsi. Per concludere la complessa opera si attendono strutture idonee e speciali gru per far scendere i frammenti demoliti di volta in volta. Tutto, con ogni probabilità, sarà fatto e anche nella maniera più adeguata. Ma i tempi, al di là della più facile propaganda, sono destinati inesorabilmente ad allungarsi. Meglio esserne consapevoli sin da adesso.
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