Sharmin Sultana, l’accusa punta alla condanna: “Omicidio spietato, non semplice litigio”. Chiesti 24 anni per il marito
di Emilie Lara Mougenot
Ventiquattro anni di carcere. È questa la condanna richiesta dal pubblico ministero Marcello Maresca per Ahmed Mustak, accusato dell’omicidio della moglie Sharmin Sultana, trovata morta l’7 marzo 2023 in via Ferro a Sestri Ponente, dopo un volo di ot

È di 24 anni la pena richiesta dalla procura per Ahmed Mustak, imputato per l’omicidio della moglie Sharmin Sultana, precipitata da una finestra l’8 marzo 2023 a Sestri Ponente. Per il pubblico ministero Marcello Maresca, non si è trattato di un incidente, ma di un’azione omicida “spietata”, preceduta da una lite e seguita da una condotta che ha aggravato la posizione dell’uomo.
Ricostruzione – Il corpo della donna fu ritrovato sul selciato sotto la finestra della loro abitazione, dopo un volo di circa otto metri. All’inizio si era parlato di suicidio, poi l’ipotesi era virata su una caduta accidentale durante una lite. Ma la ricostruzione presentata dal pm ha evidenziato numerosi elementi in contrasto con la versione dell’imputato, che nel tempo ha modificato più volte i suoi racconti.
Consulenze mediche – Determinanti, secondo l’accusa, le risultanze delle analisi medico-legali: sul luogo del ritrovamento c’era pochissimo sangue, segno che la donna aveva perso molto sangue prima di essere lanciata dalla finestra. Le lesioni alla testa sono risultate multiple e incompatibili con una semplice caduta, suggerendo invece una sequenza di colpi inferti volontariamente. L'ogetto "fantasmatico" sul quale sarebbe caduta Sharmin è un pata puta (un mortaio, un blocco di pietra usato per macinare le spezie). L’arma del presunto delitto, l’imputato ha dichiarato di averla gettata mesi dopo i fatti, dettaglio che ha ulteriormente rafforzato i dubbi dell’accusa.
Comportamento successivo – Particolarmente gravi per l’accusa anche i comportamenti avuti subito dopo l’accaduto. Mustak, secondo il pm, non solo non ha chiamato i soccorsi, ma avrebbe anche ripulito tracce di sangue nell’appartamento. In aula è stato definito “il punto più basso” delle sue dichiarazioni il racconto in cui ammette di aver cucinato per i figli “con il corpo della moglie tra le gambe”.
Motive e contesto – Diversi testimoni hanno parlato di un clima di forte controllo nella coppia, motivato da gelosia e isolamento. Secondo l’accusa, Mustak non accettava l’autonomia della moglie, che stava per iniziare un nuovo lavoro. Proprio il giorno prima della tragedia, Sharmin aveva un colloquio che avrebbe potuto rappresentare un primo passo verso l’indipendenza economica.
La difesa – L’avvocata Vittoria Garbarini ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche, sottolineando la confessione dell’imputato e l’assenza di precedenti. Mustak è stato descritto come una persona mite, con difficoltà di integrazione e condizioni economiche precarie. La difesa ha parlato di una colluttazione degenerata, non di un gesto pianificato.
Aspetti familiari – Intanto, il fratello di Sharmin, che vive in Bangladesh, ha chiesto di poter avvicinare i due figli della coppia, attualmente affidati a una comunità. Dopo la morte della madre e l’arresto del padre, i minori sono rimasti privi di riferimenti genitoriali. La sentenza della Corte d’Assise di Genova, presieduta da Massimo Cusatti, è attesa per il 27 maggio
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