Separazione carriere, Beverini (FI): "Riforma che difende la Costituzione e i suoi principi fondamentali"
di Giovanni Beverini (*)
"Riceveranno finalmente completa attuazione i principi del giusto processo, sanciti dall’art. 111 della nostra Costituzione"
Con il primo sì alla Camera di giovedì 16 gennaio, ha preso il via l’iter della riforma costituzionale che realizzerà la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti.
Giudici e pubblici ministeri non faranno più parte di un unico corpo: essi non saranno, cioè, più colleghi, così da garantire l’effettiva parità tra accusa e difesa nel processo penale.
Riceveranno finalmente completa attuazione i principi del giusto processo, sanciti dall’art. 111 della nostra Costituzione per il quale “Ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti” (ossia nella dialettica dibattimentale fra accusa e difesa, ammessa anch’essa alla formazione della prova), “in condizioni di parità” (cioè con parità di armi) e “davanti a giudice terzo e imparziale” (equidistante e, per questo, non fazioso).
La questione è culturale e di principio: affinchè un processo con siffatte caratteristiche possa trovare effettiva applicazione è necessario che colui al quale venga affidato il potere di decidere (il giudice) non sia, in alcun modo, contiguo alla pubblica accusa.
Grazie alla riforma chi decide non sarà più “collega” di chi accusa: non sarà, infatti, più reclutato con lo stesso concorso né sarà più sottoposto alla stessa autorità di autogoverno.
Le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni saranno decise da due organi distinti, Consiglio Superiore della Magistratura Giudicante e Consiglio Superiore della Magistratura Requirente.
La levata di scudi dell’ANM nei confronti della riforma era prevista: essa va rispettata anche se appare una battaglia di retroguardia.
La stessa poggia, da un lato, su di una circostanza effettiva, reale ma non sufficiente a garantire i cittadini: l’elevata professionalità dei magistrati italiani.
Dall’altro lato, muove da una preoccupazione che non ha motivo d’essere ed in ordine alla quale la maggioranza di governo ha già fornito ampie rassicurazioni: i Pubblici Ministeri non saranno mai sottoposti al potere esecutivo e continueranno, invece, ad agire nella loro piena e più completa indipendenza.
Come dicevo, sulla legge di revisione costituzionale saranno molto probabilmente chiamati a pronunciarsi gli italiani i quali, sono certo, approveranno la riforma.
Lungi dal rappresentare un atto di arroganza contro la Costituzione (al pari di altri tentativi di revisione costituzionale del passato), questa riforma è, infatti, un atto politico che difende la Costituzione ed i suoi principi fondamentali.
(* L'autore è avvocato e responsabile giustizia di Forza Italia per la Liguria)
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