Scuola: riaperture rinviate caso per caso, come era prevedibile
di Paolo Lingua
A quanto pare, anche se le notizie sono a volte confuse e contraddittorie, in Liguria mancano ancora 40 mila banchi per completare il fabbisogno delle scuole, la cui riapertura è stata fissata per il 14 settembre. Era più che prevedibile perché la macchina della riorganizzazione, a tutti i livelli a cominciare dal governo, si è mossa in ritardo, a sbalzi e con continue contraddizioni e correzioni. Non sono ancora chiari del tutto gli edifici e la loro sistemazione, le aule dove collocare gli studenti e il personale colpiti dal coronavirus. Nel frattempo, in Liguria (ma anche nel resto dell’Italia) molti comuni hanno deciso di rinviare l’apertura al 24 settembre, dopo le elezioni. Il voto – fissato nei giorni 20 e 21 – segue di poco la riapertura, ma è ovvio che occorrerà mettere a disposizione dei seggi i locali scolastici sin dal 18 e la riconsegna con disinfezione non potrà avvenire prima del 23. Come del resto si è svolto sempre anche prima della diffusione del virus. Molti sindaci, al di là dei problemi logistici e di materiali da impiegare ancora carenti (Bogliasco, Bordighera, Vallecrosia e molti altri), hanno evidenziato, nel loro ragionamento, che è troppo complesso l’aprire e chiudere le scuole in un clima confuso e precario, dominato dalla fretta convulsa e dalla precarietà, per fare, dopo una sola settimana una nuova riapertura. Anche perché nel frattempo dovrebbe essere più chiaro l’arrivo di insegnanti e personale ausiliario che non pare ancora disponibile al momento del decollo ufficiale. A voler essere realistici sarà già un miracolo che gli organici degli insegnanti e di tutto il personale ausiliario e parasanitario siano completi e funzionale per la metà di ottobre, anche perchè sono in corso discussioni, trattative e polemiche con i sindacati di categoria e perché non sembra che da parte del governo possano decollare concorsi – che sarebbero sacrosanti – per collocare finalmente in ruolo migliaia di docenti nelle scuole di ogni ordine e grado. Al di là della complessa e imprevedibile vicenda del coronavirus sono emersi errori nella gestione della scuola che sono frutto di anni e anni di omissioni e di riforme tentate, pasticciate e confuse. A voler tentare una ricostruzione storica, la crisi della scuola e della sua organizzazione è cominciata all’indomani delle proteste decollate dal cosiddetto “Sessantotto”. Infatti, tutti i governi, di centrodestra e di centrosinistra, hanno oscillato nelle scelte strategiche, ma un po’ tutti alla ricerca d’una sistema che andasse alla ricerca del consenso popolare, per cui è scaduta la qualità, è quasi sparita la selezione e oggi tutti sono alla ricerca di un sistema che crei eccellenze, dal momento che nella scuola italiana, università compresa, salvo alcune eccezioni, la qualità è scesa. Ma adesso, al di là della qualità, che è una strategia peculiare della scuola media superiore e dell’università, l’affanno che sta travolgendo governo e periferia è l’organizzazione di base che dovrà essere rivoluzionata sino a che la diffusione del virus non sarà di fatto eliminata con l’impiego del vaccino, un altro aspetto non del tutto chiarissimo dell’intera vicenda. Quanti vaccini saranno disponibili? E quanti tipi, visto che ci sono almeno tra o quattro prospettive in corsa, con la spinta concorrenziale di grandi gruppi farmaceutici sovranazionali. E anche per la distribuzione dei vaccini nelle scuole, quando sarà il momento, si annuncia un complesso discorso organizzativo. Ma, per adesso, la questione più urgente si chiama: banchi, sedie, strutture ausiliarie didattiche, locali complementari e integrativi . Accanto alle “cose” ci sono poi le “persone” che debbono organizzare ingressi, orari, lezioni e comunque fornire supporti di sostegno in funzione delle difese da contagi, un rischio tutt’ora – e non si sa ancora per quanto tempo – incombente. Meglio dunque perdere un giorno o due e agire in sicurezza che dare l’impressione di decolli disorganizzati e confusi. Ma forse, sotto sotto a voler essere un po’ maligni, c’è la spinta dei messaggi elettorali. Ma tutto si consumerà nel volgere di pochi giorni. Stringiamo le dita e confidiamo in quello che in Italia un tempo si chiamava lo “Stellone”.
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