Sciopero dei portuali: rottura con i terminalisti
di Paolo Lingua
Le ipotesi di una possibile tregua erano tenui – e lo si era capito – ma l’ultimo tentativo di trovare una tregua, o comunque una mediazione provvisoria, è andato a vuoto ieri mattina nel confronto in Prefettura. Domani – con presidi a Sampierdarena, a Voltri e dinanzi alla sede della Confindustria, ci saranno le annunciate 24 ore di sciopero con il blocco delle attività portuali. I lavoratori dello scalo hanno avuto, come prevedibile, la solidarietà e il sostegno delle confederazioni sindacali. Non solo: si è appreso in via ufficiosa che oltre alla prima lettera dei terminalisti alla Autorità portuale (sia pure poi definita una comunicazione informale e non istituzionale), ne esista una seconda non meno dura, il cui contenuto però non è stato reso pubblico. In buona sostanza, la Confindustria e i terminalisti (ma una parte della categoria ha preso le distanze) chiedono all’Autorità port più controlli e più rigore sui bilanci della Culmv poiché in futuro non intendono più concorrere a coprire eventuali conti in rosso della Compagnia, dopo l’esborso degli otto milioni di euro per sistemare i conti dal 2013 all’anno scorso .
E’ stata una mossa precisa per prendere le distanze dalla gestione della Culmv, una scelta operativa che, quasi certamente, è nata dall’attuale stato di crisi e di stasi dei traffici portuali. Ed è un ulteriore tentativo di ridimensionare il ruolo della Culmv nel porto di Genova, ultima roccaforte d’un sistema di lavoro la cui evoluzione affonda nei decenni precedenti. C’è da dire che, forse anche per non entrare in uno scontro “storico” della gestione dello scalo genovese, proprio in un momento nel quale la pandemia in crescendo condiziona e modifica tutte le scelte amministrative e politiche, anche le istituzioni sono state molto caute, lasciando scoperto il mondo imprenditoriale che forse contava in termini politici nel sostegno delle amministrazioni di centrodestra. Ma dal punto di vista strettamente politico l’ipotesi di uno scontro non ha convinto nessuno e poi, come del resto si è detto molte volte, non c’è interesse per il momento a una diatriba che ha alle spalle non solo una contenzioso economico, quanto piuttosto una forma di destrutturazione e di ricostruzione dell’assetto del lavoro portuale.
Accusare la Culmv d’una sorta di monopolio corporativo può forse avere qualche fondamento, ma il porto di Genova è ricco di micro-monopoli legati alle concessione caso per caso o alla gestione di terminal. Infatti, anche nel recente passato, non sono mancati i tentativi di eliminare concorrenti che possono dare fastidio. La vicinanza imprenditoriale in porto ha un lunga storia di “gomitate” di gioco dei veti incrociati. Nei prossimi mesi si annunciano nuove battaglia sulla ubicazione dei depositi chimici di Multedo che dovranno, prima o poi, trovare una sistemazione lontana dalle abitazioni. Ma sinora tutte le scelte ipotizzate hanno trovato opposizioni nonché minacce di ricorsi. E non sarà agevole trovare una ubicazione che non sollevi opposizioni o proteste. Altre scelte, per possi bili nuove ipotesi (per esempio dovesse emergere un recupero di aree ex Ilva o ex Piaggio) daranno certamente luogo a nuovi contrasti.
Ma, per tornare al tema principale di oggi, è ovvio che dopo lo sciopero di domani i contrasti non verranno meno e occorreranno nuovi incontri, perché la crisi economica non verrà meno nei prossimi mesi, con un calo del giro di affari. E non si ha la sensazione che le istituzioni amministrative e politiche abbiano l’energia e la determinazione per trovare soluzioni accettabili ma anche concrete e che rendano funzionale la gestione portuale che è certamente una chiave di volta per l’economia del territorio e di Genova considerata uno scalo di prima linea nel Mediterraneo ma di cui occorre mettere a punto il potenziale. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, il porto di Genova segnò un triste Capodanno con il porto vuoto perché si erano accumulati errori madornali di gestione. Non è il caso di ricordare al quel disastroso anniversario.
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