San Giorgio e il suo vessillo

di Paolo Lingua

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San Giorgio e il suo vessillo

Per il terzo anno consecutivo Genova ha celebrato San Giorgio e il suo vessillo bianco attraversato da una grande croce rossa che da più di mille anni è il suo simbolo. E’ una scelta del sindaco Marco Bucci che vuole valorizzare i progetti di rilancio e di ripresa della città, associandoli idealmente alla grande storia genovese. In effetti il 23 aprile da un tempo infinito, dai primordi del cristianesimo, è la festa di San Giorgio, un martire protocristiano di cui si sa obiettivamente poco e la cui vita è raccontata con infinite sovrapposizioni al limite della leggenda, anche sulla base di testimonianze apocrife  a partire dalla fine del V secolo d.C.  Sulla base di indicazioni generiche Giorgio, descritto come un valoroso guerriero, è identificato in Palestina e anche in Asia Minore nella seconda metà del III secolo. Ma la sua impresa più celebre verrebbe collocata in Libia.

Avrebbe salvato dalla morte una principessa locale, sacrificata dal padre e inviata presso un drago feroce. Giorgio a cavallo avrebbe ferito il drago con la sua lancia e l’avrebbe ammansito tanto che la principessa sarebbe tornata in città dal padre con il drago al guinzaglio. Ci si è molto interrogati, anche in chiave antropologica su cosa significasse il drago: si oscilla tra l’eresia e qualche malattia sociale diffusa (lebbra, peste, ecc.), un tema ripreso a lungo nel Medioevo, anche a Genova dove si narra che il vescovo Siro avrebbe annullato il basilisco (una sorta di drago), sempre indicato come portatore di pandemie o di eresie. San Giorgio, al di là delle leggende, ebbe fortuna: ancora oggi è indicato come santo dalla chiesa ortodossa ed è considerato un profeta persino dagli islamici.

A Genova, con il simbolo del vessillo bianco con la croce rosse, appare alla fine del X secolo e poi la bandiera e il patrono diventano l’immagine diffusa del comune e si trasformano anche in un emblema popolare al momento della Prima Crociata, quando i genovesi sono i trasportatori , con le loro galee, dei soldati crociati a Gerusalemme e per tutti i territori della Siria e della Palestina oltre che degli approdi dell’Asia Minore.  Nel Medio Evo San Giorgio e la sua croce si diffondono in molte città del Medio Oriente e dell’Europa Orientale. Oggi la sua croce campeggia anche nello stemma di Milano. Inoltre gli Inglesi incrociano la croce di Sant’Andrea  con quella di San Giorgio nella loro bandiera. Un simbolo che si mantiene ancora oggi. In questa chiave vanno lette le parziali leggende sui rapporti tra Italiani e Inglesi che però, simpaticamente, il sindaco marco Bucci ha voluto valorizzare ancora oggi, nella celebrazione a Palazzo Tursi, con la nomina di “ambasciatori” di Genova, molti dei quali legati proprio al rapporto con Londra.

E, in effetti, nel Medio Evo, quando i genovesi controllavano di fatto Costantinopoli e l’impero bizantino ormai in declino, mantennero in Turchia il controllo delle miniere di allume, un monopolio che dopo la metà del Quattrocento con l’avvento dell’Impero Ottomano spostarono in Toscana.  L’allume serviva per fissare i colori dei tessuti di lana, una delle maggiori produzioni inglesi. I genovesi, grazie all’allume che bloccava lo sbiadirsi del colore negli abiti, erano talmente onorati dagli Inglesi che i loro operatori finanziari potevano essere ricevuti dal re a Londra, senza doversi levare il cappello.

L’eccellenza del nome di San Giorgio e del suo simbolo si concretò, nella prima metà del Quattrocento, con la creazione della Casa delle Compere di San Giorgio, una delle banche più importanti e potenti per secoli a livello internazionale, più nota come il Banco di San Giorgio, un modello di moderna finanza, un vero simbolo di Genova. Quattrocento anni dopo, quando Napoleone Bonaparte la chiuse era ancora attiva. Per questo San Giorgio, patrono di Genova in subordine a San Giovanni Battista merita davvero d’essere celebrato dalla città nel giorno ancora canonico della sua ricorrenza, appunto il 23 aprile.