Sampdoria, una fine annunciata: come venne scelto il gruppo a cui affidare la società dopo Ferrero?
di Beppe Dossena
Perché nel maggio 2023 l’allora CDA della Sampdoria, per succedere alla gestione Ferrero, scelse il gruppo Radrizzani-Manfredi a scapito dell'altro Garrone-Barnaba? Chi lo presentò al CDA? Quali garanzie offriva e quali approfondimenti furono fatti? Barnaba e Garrone non offrivamo le stesse condizioni ai creditori? Ammesso e non concesso che le condizioni fossero leggermente diverse, tutto il resto (la solidità, la credibilità etc.) venne verificato in maniera approfondita? Intanto, questo è un punto di partenza sul quale, forse, non è mai stata fatta completamente chiarezza.
Ma veniamo all’estate 2024: nuovo presidente, nuovo direttore sportivo, campagna acquisti corposa, conferma di Pirlo che però viene allontanato immediatamente. Nuovo allenatore, ma risultati sportivi ancora deludenti.
Il presidente Manfredi convince gli altri soci a investire ancora nella finestra di mercato di gennaio, cosa che avviene puntualmente ma i risultati continuano a non arrivare. La svolta arriva quando si chiede a Roberto Mancini qualche consiglio che viene recepito. Via il terzo allenatore e il direttore sportivo dentro Evani, Lombardo e il ritorno di Andrea Mancini.
La squadra retrocede sul campo, ma la media punti ha detto che se fossero arrivati prima le cose sarebbero andate diversamente.
La Sampdoria rimane in serie B e la logica avrebbe voluto che lo staff tecnico venisse riconfermato in blocco. E invece no, anzi, il socio di Singapore evidentemente in possesso di quote di maggioranza toglie a Manfredi alcune deleghe e decide di affidarsi all’inglese Walker e al Ceo danese Fredberg.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Si attende dunque una nuova svolta che dalla società non arriverà mai.
Perché sono fuori mestiere e hanno logiche contrarie a quanto necessario per lavorare nel mondo del calcio. I segnali sono evidenti, proviamo ripercorrere gli ultimi passi, senza entrare nel merito dei risultati sportivi che stanno portando al baratro il club già dalla 4 giornata.
Nel mondo del calcio, a torto o ragione in momenti di difficoltà, le società di calcio ancor prima di generare confusione, ilarità, rabbia o sconforto, impediscono a tutti i tesserati qualsiasi intervista se non concordata.
Ebbene cominciamo dall’inizio:
Andrea Mancini in maniera del tutto legittima ha rivendicato con orgoglio in una intervista, alcune scelte tecniche del passato.
Il presente però mi impone di chiedere ad Andrea di ripensare al proprio ruolo attuale perché inevitabilmente se non prendesse le distanze da questa gestione, in qualche maniera gli verrebbero addebitate responsabilità che forse non gli appartengono.
Dopo circa un mese il nuovo direttore tecnico generale trova il modo, in una intervista, di raccontarci la favola che le scelte tecniche, tutte e nessuna esclusa, sono state compiute con logica e nell’ottica di riportare la Samp nel luogo che le compete.
Abbiamo già detto, nel corso di una puntata del Derby del Lunedì, quanto siano state fuori luogo e irresponsabili le analisi espresse dal dirigente.
Lo doveva fare, peggio ancora a mio avviso gli hanno chiesto di farlo, incuranti dell’idea che la Sampdoria rappresenta un pezzo di storia sportiva del nostro paese. E, che, i tifosi sampdoriani meritano manager autorevoli ed autonomi.
Qualche giorno fa abbiamo tutti letto l’intervista sul Corriere della Sera Economia del presidente Matteo Manfredi che, evidentemente preoccupato che risultati sportivi e gestionali della Samp possano in qualche maniera minare la propria credibilità di gestore di finanze altrui, racconta quanto sia professionale nel mondo della finanza.
Come dire, "io non sono quello della presidenza della Sampdoria, io sono solo il rappresentate di denari e volontà altrui, non mi confondete. Vecchi investitori di Gestiocapital, lo faccio perché mi hanno chiesto di farlo. Nuovi investitori io continuo a fare il mio lavoro, quello di presidente una rottura di scatole".
Allora caro presidente se così fosse, prenda anche lei le distanze, qualora lei non abbia interessi diretti nella gestione, perché stia sicuro, finirà inevitabilmente nella gogna mediatica che inevitabilmente la colpirà anche sul piano personale.
Poi c’è Donati, che rendendosi conta che solo la squadra può salvarlo e solo la squadra potrebbe dare una svolta al campionato, rilascia dichiarazioni ovvie, logiche e di circostanza.
È comprensibile, umano e del tutto perfettamente inserito nel contesto attuale. Mi auguro che Bari non sia l’ultima panchina. Ma se cosi fosse spero che nel prossimo futuro lui stesso si possa trovare al cospetto di di manager qualificati e lungimiranti, che gli permettano di esprime in maniera completa le proprie capacità di tecnico.
Gli scenari: preso atto del fallimento tecnico e finanziario di questa avventura la proprietà ha due strade. Accettare la sconfitta, limitarne i danni economici e trovare, qualora ci fossero, persone di buoni cuore e coraggiose che possano rilevare il club per i suoi soli debiti. Perché si dovrebbe dubitare qualora questo non succedesse, che oltre ad accollarsi i debiti, i nuovi investitori pagassero anche una buona uscita.
La seconda ipotesi, quella nefasta, in relazione ad una retrocessione o all’impossibilità di vendere il club alle condizioni dettate, di trovarsi nella condizione di dover consegnare le chiavi della sede alla Sindaca. Purtroppo al momento e nel breve termine non vedo nessuna possibilità di modificare il corso degli eventi.
Le sorti della Sampdoria sono in mano a questa proprietà. Ci fosse un solo proprietario, una sola voce, allora potremmo guardare al futuro con una certa speranza. Un unico proprietario allo stato attuale azzererebbe tutti i quadri, lo avrebbe dovuto fare da qualche mese, ed affidarsi a qualificate figure professionali. Ho la sensazione che la mia sia pura utopia.
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