Sampdoria, non basta lucidare l'argenteria se non c'è la mentalità per fare (anche) il lavoro "sporco"

di Maurizio Michieli

4 min, 34 sec

Al di là delle innegabili lacune tecniche, bisogna accantonare (per ora) i sogni di gloria e cominciare a ragionare da provinciali

Sampdoria, non basta lucidare l'argenteria se non c'è la mentalità per fare (anche) il lavoro "sporco"

Ho molto apprezzato - ribadendolo a Forever Samp, dove abbiamo utilizzato il bel filmato ufficiale prodotto dalla società come copertina e controcopertina della trasmissione - l'iniziativa di Andrea Radrizzani di radunare squadra e i dipendenti all'Acquario per illustrare loro i valori fondanti del nuovo progetto blucerchiato. L'ho apprezzato, così come la prima puntata del docufilm sulla stagione, perché comprendo la necessità dei nuovi proprietari di rilanciare anzitutto l'immagine del club, deturpata da tanti, troppi anni di gestione clownesca.

Tuttavia, questa operazione - urgente e necessaria - funziona solo se va di pari passo non tanto con i risultati (una stagione di transizione può essere tranquillamente messa in conto, assorbita e digerita da tutto l'ambiente visto il rischio sparizione corso pochi mesi fa) quanto con il progressivo calarsi di dirigenti, allenatore e calciatori nella mentalità della serie B, dove non basta chiamarsi Sampdoria per evitare guai seri. Gli avversari, ben rodati nella categoria, ti aspettano al varco, ti affrontano con il coltello tra i denti, anche se con quella stessa maglia prima di La Gumina c'era il compianto Vialli, prima di Ricci la regia era affidata a Veron e prima di Murru al centro della difesa giocava Vierchowod.

Voglio dire che non è sufficiente lucidare l'argenteria di casa se poi non ci si rende conto che quei tempi devono essere sì fonte di ispirazione quanto a stile, immagine e dignità, ma non di emulazione. Almeno allo stato attuale. Ecco perché tutti gli "attori" della Sampdoria, prima di dover ricorrere a soluzioni drastiche come pensare di risolvere i problemi sostituendo Andrea Pirlo magari con Pippo Inzaghi, devono compiere uno sforzo su se stessi cambiando registro mentale. Da "sono quella Sampdoria" a "punto a tornare quella Sampdoria", ben sapendo però che il percorso è lastricato di sacrifici, sudore, umiltà, buche, imprevisti e problemi. E che, probabilmente, a quei livelli non tornerai comunque più. Questo significa fare quadrato: fissare un obiettivo, ma ragionare su come raggiungerlo. Non attraverso un'azione di cosmesi, bensì attraverso un lavoro profondo. Lucidare l'argenteria senza rinunciare a fare il lavoro "sporco", insomma.

Non è certo il caso di fare come quell'allenatore che chiese la rimozione dal "Mugnaini" dei poster di Gullit & company perché influivano negativamente a livello inconscio, secondo lui, sul tasso di combattività dei calciatori dell'epoca, ma il concetto rimane attuale. Walter Novellino, lo ha raccontato Gigi Turci al Derby del Lunedì, si inventava una lite al giorno con questo e con quello per tenere alta la tensione ed evitare rammollimenti come quello visto con il Cittadella. Per un po' la terapia funzionò, poi è chiaro che alla lunga bisogna cambiare strategia (o stratega).  

Questa deve essere la base di partenza. Poi, è indubbio che esistano anche dei limiti tecnici. Gli acquisti della prima ora, Ricci e Borini, che dovevano rappresentare il fiore all'occhiello del mercato, allo stato attuale non solo non riescono a fare la differenza ma appaiono in palese difficoltà, fisica e psicologica. Per non parlare della retroguardia, imperniata su due giovani promesse in prestito (Ghilardi e Facundo Gonzalez) e su un terzino sinistro adattato (Murru) e reduce da una stagione in cui, a torto o a ragione (più a torto, secondo me) è stato il capro espiatorio della retrocessione della Samp. Infine, il centravanti: La Gumina può avere dei lampi, ma non avrà mai la continuità (lo dice la sua carriera) e soprattutto l'attitudine a rendersi utile per la squadra (non perché non voglia farlo, ma perché non è nelle sue corde).

La speranza è che, intanto, venga messa una pezza in difesa (lo svincolato Alessandro Tuia, ad esempio). Poi che a gennaio, dopo avere ottenuto l'omologa dell'accordo di ristrutturazione del debito, Radrizzani e Manfredi investano in due rinforzi importanti. Nella Samp hanno già messo sei milioni, convertendo parte del prestito obbligazionario con cui Banca Sistema ha evitato il fallimento della società. Comprendo che sino a quando non avranno la garanzia del Tribunale non possano avventurarsi in altre spese con il rischio (teorico, ma pur sempre di rischio si tratta, ancorché calcolato) di perdere tutto quanto versato.

Nella frattempo, però, Pirlo (che è intelligente e preparato) dovrà fare un passo indietro rispetto alle sue convinzioni e pensare prima di tutto a non prenderle. Se questa squadra non può reggere il 4-3-3 (anche per l'assenza di incontristi a centrocampo, ulteriore lacuna di mercato), trovi un'altra soluzione in base al materiale di cui dispone. Quel che conta è non sprofondare in un abisso dal quale dopo, specie sul piano mentale, sarebbe troppo complicato risollevarsi. Il ricordo della scorsa stagione è ancora molto fresco per non farsi sentire sulla pelle dei sampdoriani.

Ora come ora gli unici due giocatori "veri" sembrano essere Stankovic (al netto delle difficoltà a costruire il gioco con i piedi, ma un portiere deve soprattutto parare e lui lo fa) e Pedrola (il miglior calciatore della serie B). Entrambi, mi risulta, portati da Andrea Mancini. Che magari sarà anche il più giovane della compagnia, ma ha idee, entusiasmo e voglia di fare. Ecco proprio lui, in virtù del cognome "pesante" che porta, può essere di esempio agli altri: non bastano il nome o il cognome per fare strada. Servono immaginazione, impegno, fatica, umiltà, dedizione alla causa. Nessuno ti regala qualcosa. Neanche se ti chiami Sampdoria.