Sampdoria, la retrocessione è dietro l'angolo: l'unica certezza oggi è la dignità di Audero e compagni

di Claudio Mangini

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Sampdoria, la retrocessione è dietro l'angolo: l'unica certezza oggi è la dignità di Audero e compagni

Sono le due facce della stessa medaglia. Dritto e rovescio. Testa o croce. Croce, appunto, senza delizia. E’ di Sabiri che parliamo. Che avrebbe potuto essere la delizia dei tifosi sampdoriani, che ha sperperato un capitale di fiducia ed entusiasmo nei suoi confronti, che aveva chiuso benissimo la scorsa stagione e aveva cominciato in modo sfolgorante questa, prima di avvilupparsi nelle sabbie mobili di un atteggiamento sbagliato. Sostituito dopo 34 minuti da Dejan Stankovic, fischiato, perfino difeso dal tecnico serbo con un dialogo dal campo agli spalti tipo: «Va bene, ma ora ci penso io, voi continuate a tifare». Ma ribadendo a fine partita che ci sono interessi superiori da tutelare in campo, sempre: quelli di squadra, soprattutto in una situazione come questa. «Tocca a lui capire». Speriamo, perché ogni briciolo di risorsa sarebbe utile alla Sampdoria in questo momento. Testa. Quella di Bruno Amione che, dopo un contrasto furibondo, colpisce anche di testa da terra, per appoggiare palla a un compagno. Risparmiarsi mai, come Rincon, come Zanoli che avrà una luminosa carriera davanti, con la sua determinazione, la sua corsa, la sua capacità d’adattamento e la sua voglia di mettersi in gioco. Anche come Leris, che dà sempre tutto. O come Audero, che a fine partita ribadisce: «Continuiamo a combattere».

Il verdetto sembra scritto, l’ennesima occasione scivolata via. La Sampdoria è perfino commovente, nel suo complesso, per come combatte e ci prova fino alla fine. I tifosi – meravigliosi, generosissimi - la aiutano, la incitano fino alla fine. Ma la palla non va dentro. Quella con la Salernitana era la partita della svolta. L’ennesima, vero. Ma era uno di quei crocevia che possono dare (o ridare) un senso a un campionato. Occasione mancata perché la palla non va dentro, mai. Perché Gabbiadini non c’era per squalifica, Lammers era out per un acciacco, e sappiamo che neanche loro sono goal machine. Jesé ci mette esperienza e qualità ma ha riserve di condizione limitatissime. Quagliarella ha 40 anni che si sentono tutti, soprattutto dopo una serie di problemi fisici che ne frenano l’apporto. De Luca è tornato e deve ritrovare se stesso. E, dunque, si mette in fila un altro piccolo pareggio senza gol che non frena la Salernitana, non dà un segnale, non costruisce fiducia e morale in se stessi, non accorcia la classifica. La retrocessione è sempre più vicina, appare inevitabile. Perché lo di cono i numeri: 12 punti in 25 partite, media sotto 0.50. Mancano 13 partite e bisognerebbe mettere insieme almeno 22-23 punti su 39, bisognerebbe viaggiare a una media di 1,7 punti a partita.

Si può essere ottimisti a oltranza. Qui serve più che l’ottimismo, un atto di fede, ma soprattutto serve un miracolo. Servirebbe un colpo grosso che aprisse le menti, accendesse la luce della convinzione e alleggerisse quel peso che, Stankovic continua a sottolineare, c’è, e frena i gesti e le giocate in campo. La retrocessione è un tabù di 13 lettere con cui bisognerebbe iniziare a fare i conti. Ma in questo momento è anche difficile affrontare questo scenario. Servirebbe lavorare al Piano B (in tutti i sensi) iniziando a programmare un futuro nella categoria e un piano per affrontarla e, possibilmente, viverla come un passaggio contingente, da risolvere il più in fretta possibile. Servirebbe,mentre si insegue quello spiraglio strettissimo, minimo, di speranza in campo, lavorare fuori sulla programmazione. Ma come si fa, se non si conosce il futuro, se oggi questo futuro è programmato con una scadenza di quattro mesi scarsi dopo la concessione della composizione negoziata da parte del tribunale? Bisognerebbe pensare al futuro valutando chi possa essere giocatore da categoria, per l’immediata risalita, chi c’è in giro – tra i numerosi prestiti, a cominciare da Benedetti, che sta illuminando il centrocampo del Bari – pronto a essere utile alla causa. E quali sono i giocatori di categoria da cercare in giro.

E, naturalmente, sarebbe necessario parlare con Deki Stankovic, che ha il cuore e l’anima per diventare anche un punto di riferimento in casa Sampdoria. Ma va valutato se, in una categoria che non conosce, potrebbe avere incognite. E c’è una struttura societaria, un tessuto connettivo da ricostruire. Ma la Sampdoria è nel limbo. Il Cda lavora per la salvezza, qualcuno si dichiara interessato a salvarla (Mincione), qualcuno ha guardato i conti e detto che un profondo rosso e la caduta in B sarebbero un problema (Zanetti) ma è ancora in gioco. Come Barnaba, uscito di scena o forse no, verosimilmente in attesa degli eventi, pronto a intervenire.

Non c’è nulla di facile, banale, scontato in questo scenario, tra campo e corridoi di società, banche, finanzieri e commercialisti. Di certo c’è solo la dignità con cui Audero & C continuano a combattere.