Sampdoria, da Jena a Castellammare il film dell’orrore della retrocessione
di Simone Galdi
Come si è materializzato l’incubo blucerchiato, tra azzardi ed errori
Un’annata disgraziata, che entra nella storia dell’Unione Calcio Sampdoria dal lato sbagliato. La stagione 2024-25 porta i colori blucerchiati alla prima retrocessione in Serie C ed è un film dell’orrore, una sequenza di immagini sbalorditive per approssimazione e superbia. La discesa si compone di tappe precise, nomi volti e luoghi che resteranno purtroppo nella memoria dei tifosi doriani.
Un ritiro sui generis - In fondo si poteva leggere già in Turingia, a mille chilometri da Genova e in un caldo luglio mitteleuropeo, che la stagione blucerchiata sarebbe stata molto particolare. La scelta di andare così lontano era parsa forzata, privando molti tifosi della possibilità di seguire la squadra da vicino, ma senza ragioni concrete.
Sul campo dell’Ernst Abbe Sportfeld, il gruppo guidato da Andrea Pirlo mostrava già le prime crepe: il battibecco tra Kasami e Ferrari in una partitella a campo ridotto, le incomprensioni interne (Accardi mai presente a Jena, mentre il suo braccio destro Colucci seguiva da vicino anche per “pungolare” un tecnico sfiduciato in partenza) ed esterne (mai due parole ufficiali dal club sulla situazione infortunati). Poi la girandola di nomi in entrata e in uscita, l’addio di Audero e Leoni, sacrificati per fare cassa, le poco convincenti amichevoli tedesche (sconfitta con la Dynamo Berlino, vittorie con Magdeburgo e Carl Zeiss pur subendo reti evitabili). Isolata in albergo, la Samp di Jena regala fiducia per alcuni nomi importanti in ingresso, Coda e Tutino in testa. Con il senno del poi è facile giudicare, certo. Ma la critica era unanime a luglio: la rosa allestita da Pietro Accardi era molto competitiva per il campionato di Serie B.
La notte dell’Arechi - Dopo aver passato il turno di Coppa Italia ai rigori a spese del più quotato Como, il Doria fa l’esordio in campionato proprio a Frosinone, passando in vantaggio e facendosi rimontare, come spesso poi nel resto del torneo. Arriva anche la prima di otto espulsioni stagionali, per un inutile fallo di Ioannou. Il disarmante passaggio di Ronaldo Vieira nel finale dell’esordio casalingo contro la Reggiana si rivela un primo snodo decisivo: sconfitta per 0-1, mormorii della piazza contro Pirlo, l’infortunio di Ghidotti che costringe all’esordio Vismara, portiere acerbo. Alla terza giornata è un errore dell’estremo scuola Atalanta a spianare la strada alla Salernitana dopo appena 18 secondi di gioco, per un controllo azzardato a pochi passi dalla porta. Il gol di Simy viene rimontato dalla coppia Coda-Tutino, la Samp sembra avere in mano la gara e invece riesce a perdere per 3-2. Pirlo esonerato, per una classifica già preoccupante (un punto in tre partite) e per un feeling con il direttore sportivo mai nato.
La giostra dell’allenatore “ca…ttivo” - Arriva un tecnico all’apparenza schierato all’opposto del Maestro Pirlo: Andrea Sottil, un cosiddetto motivatore, un pragmatico che dovrebbe infondere motivazioni e grinta ad una squadra apparsa senza personalità. L’esordio del tecnico contro il Bari in casa è da brividi, per l’espulsione di Vulikic dopo un quarto d’ora di gioco e per il rigore parato proprio da Vismara a Kevin Lasagna poco dopo la mezz’ora. Lo 0-0 finale sembra un buon risultato per una Samp convalescente, che però cade subito a Cosenza per 2-1, per poi sbloccarsi vincendo 1-0 con il Sudtirol a Marassi. Arriva la notte del derby di Coppa Italia, strappato ai cugini dopo il pareggio in chiusura dei 90’ firmato Fabio Borini e i calci di rigore sotto la Nord: sembra la svolta, anche per il successivo trionfo di Modena (1-3). Ma gli scontri tra tifosi nel derby costringono Genoa e Samp a giocare un turno a porte chiuse, e quando arriva la Juve Stabia in un “Ferraris” fantasma sono dolori. Classica partita doriana edizione 24-25: prima il vantaggio, poi la rimonta subita con due gol di Adorante. Termina l’effetto Sottil, nonostante la sofferta vittoria a Cesena, come lascia intendere il 5-3 finale. Il Doria vince ancora con il Mantova in casa, ma poi stecca a Cittadella (0-0), in casa col Brescia (0-1), a Pisa (0-3) e a Palermo (1-1). L’involuzione di gioco è soprattutto figlia di un atteggiamento timido e svogliato, che costringe Sottil a difendersi (“Sono un allenatore cazzuto e voglio giocatori cazzuti”). Ma la sua parabola sembra ormai volgere alla conclusione, con un pari interno 3-3 con il Catanzaro: altra rimonta subita e gol del pari giunto allo scadere, grazie al giovane Simone Leonardi. Pur sfiduciato, Sottil resta in carica solo per subire una manita a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Lascia la squadra al 14° posto con 17 punti.
L’uomo sbagliato al posto sbagliato - Accardi sceglie Leonardo Semplici per provare la risalita, confidando anche nella finestra di mercato di gennaio per ravvivare un gruppo ormai spento. Il problema è che Semplici non si dimostra in grado di dare un gioco ai blucerchiati, incupendo Gennaro Tutino (che finirà la sua stagione per un grave infortunio alla caviglia, gestito in modo molto discutibile dallo staff sanitario) e lavorando senza una chiara direzione tattica. Il tecnico fiorentino, già protagonista negativo di una clamorosa retrocessione dalla Serie A alla B con lo Spezia, impiega nove giornate di campionato e quasi due mesi di tempo per trovare la prima vittoria, 1-0 al Cosenza. Anche in questo caso, Ronaldo Vieira prova a distruggere le speranze di una Samp sempre più in crisi anche in classifica: il suo doppio giallo in pochi minuti nel primo tempo, in una fondamentale gara salvezza, gli costerà diversi turni tra tribuna e panchina. Basta però il gol di Fabio Depaoli a portare i tre punti, con enorme sofferenza finale. La riscossa di Semplici sembra finalmente arrivata, anche grazie al bis contro il Modena, firmato Mbaye Niang. Già perché nel frattempo Pietro Accardi ha rivoluzionato la rosa, chiamando l’ex Milan ed Empoli dal suo buen ritiro in Marocco, ed innnestando giocatori di categoria come Altare, Curto, Sibilli e Oudin, oltre ad Alessio Cragno in porta. Sul capitolo portieri, basti dire che in quattro si sono alternati con la maglia da titolare. Oltre a Ghidotti e Vismara, anche Silvestri (voluto da Sottil, ma spesso insufficiente nelle prestazioni) e finanche Perisan (titolare con il Cosenza e subito infortunato). Solo Cragno riuscirà poi a trovare continuità nel ruolo, ma il pasticcio tra i pali costa più di un punto in classifica. Capitolo a parte sono gli epurati, cinque giocatori sgraditi alla dirigenza e per questo messi fuori rosa: a gennaio andranno via Ravaglia, Barreca, Silvestri e Kasami, autore del gol vittoria in casa col Mantova a fine ottobre. Viene punito anche Fabio Borini, l’eroe del derby, ma l’ex Liverpool resta sotto contratto.
Le follie di Bolzano - La Samp arriva ad uno snodo decisivo in Alto Adige il 15 febbraio. Vincere potrebbe significare un rilancio verso la zona playoff, perdere vorrebbe dire rivitalizzare il Sudtirol che naviga in acque anche più torbide. Ne viene fuori il solito capolavoro inverso: gol regalato ai padroni di casa dopo pochi minuti nel primo tempo, pareggio di Sibilli seguito da una sciocca espulsione di Alex Ferrari per doppia ammonizione. Nel secondo tempo, la Samp potrebbe addormentare la partita e in effetti riesce nel suo intento, finché Fabio Depaoli non decide di abboccare alle provocazioni altoatesine, spintonando platealmente un avversario. Doria che chiude in nove uomini, il rigore provocato da un mani di Yepes è il sigillo sull’ennesima crisi. Il Sudtirol vince 2-1 e da lì rimonta in classifica, dal penultimo posto alla salvezza con un turno di anticipo. La Samp colleziona invece quattro pareggi di fila, per poi sprofondare con Frosinone in casa (0-3) e Spezia al Picco (0-2). Al capolinea non arriva solo Semplici, che lascia la squadra al 17° posto con 32 punti, ma con lui se ne va lo stesso Accardi, ormai sempre più all’angolo e contestato dagli stessi tifosi blucerchiati dopo la disfatta nel derby regionale.
L’operazione nostalgia - Nell’ottica di una stagione così deludente e disgraziata, il presidente Matteo Manfredi sa di avere molto da farsi perdonare. I tifosi, in particolare, gli rinfacciano un’assurda uscita a gennaio, dopo il ko interno contro il Cesena. “La proprietà resterà anche in caso di Serie C”, dice ai giornalisti il massimo dirigente, pronunciando il nome di una categoria sconosciuta alla storia dell’Unione Calcio Sampdoria con una leggerezza tale da far imbufalire anche i supporters più equilibrati. Per giunta, l’infelice dichiarazione arriva in durante la finestra di mercato invernale, in un momento dove alla Samp mancano molte pedine chiave e gli unici acquisti sono stati Niang e Beruatto. Forse anche conscio della credibilità perduta, Manfredi sceglie di esautorare Accardi richiamando Andrea Mancini nel ruolo di direttore sportivo, con Alberico Evani e Attilio Lombardo a guidare la squadra dalla panchina. Regista di tutta l’operazione è Roberto Mancini, vero deus ex machina, ultima ancora di salvezza per i cuori doriani. Mancio si spende non soltanto a parole: visita Bogliasco, fa sentire la sua presenza alla squadra, di fatto chiama a raccolta il pubblico blucerchiato, che spinge Niang e compagni nella fondamentale vittoria contro il Cittadella, uno a zero firmato Sibilli. Entusiasmo riacceso, perché sembra una Samp in grado di lottare, persino Borini è richiamato in servizio per gettare esperienza nella mischia. La morte di papa Francesco fa slittare però il 34° turno programmato a Pasquetta in coda al torneo. Si riprende da Carrara, altra sfida salvezza, stavolta persa per 1-0 con un gol dell’ex Torregrossa al 6’. Non bastano i legni colpiti da Niang e Oudin, la squadra è giustamente contestata al fischio finale, Mancini lascia la tribuna dello Stadio dei Marmi tra i lazzi dei tifosi toscani. A quattro turni dalla fine del campionato, la Samp non è mai stata così vicina alla terza serie.
Il triste epilogo - I pareggi contro le più quotate Cremonese e Catanzaro tengono a galla il Doria, che pure spreca un’ottima occasione in Calabria, dove sul 2-2 gioca in superiorità numerica per mezz’ora. Mancano coraggio e forza per andarsi a prendere i tre punti. Arriva così la sfida decisiva contro la Salernitana, il 9 maggio al Ferraris. Oltre 31mila tifosi, una cornice da Champions League, una partita dai contenuti tecnici davvero modesti. Basta il gol di Meulensteen per far divampare la speranza di una salvezza comunque non ancora raggiunta. C’è l’ostacolo Juve Stabia, una squadra solida che ha già ottenuto l’accesso ai playoff e lotta solo per la posizione. Non c’è però nulla da fare, il Doria gioca svogliato e sotto ritmo, come in tutta la sua orribile stagione. Quando Niang spreca in modo clamoroso il match ball, solo davanti al portiere avversario nell’area piccola, le speranze si spengono. A Castellammare finisce con un inutile 0-0 e con il baratro dell’ignoto che si spalanca.
Il ritorno - E come se non bastasse, a distanza di ore dal disastro, nessuno della società si è presentato pubblicamente per esprimere una parola - anche di circostanza - su quanto accaduto. E per dettare l'agenda delle prossime mosse. Un silenzio assordante. E inquietante. Forse persino più della retrocessione sportiva sul campo.
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