Samp, ascolta Giampaolo: chiarezza, progetto in tempi brevi e ripartire da Sabiri

di Claudio Mangini

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Quarantantacinque minuti per godersi quella che poteva (e potrebbe, in futuro) essere, e non è stata quest’anno, se non a sprazzi, la Sampdoria. Serena nel reggere l’onda d’urto di una squadra come l’Inter, consapevole dei propri mezzi, ben disposta in campo e capace, quando se n’è presentata l’opportunità, di provare a far male. Bella, in questo senso, la sciabolata di Candreva a sfiorare il palo su conclusione incrociata verso la porta nerazzurra. Poi, un lampo mancino di quel giocatore meraviglioso ed essenziale di Perisic e la partita – come ha sottolineato Giampaolo - è uscita dall’equilibrio, sono venuti fuori i valori superiori dell’Inter, la voglia della squadra di Inzaghi di chiudere una stagione, forse buttata via, con un risultato rotondo e generoso.
Ma non era dall’ultima di campionato che la Sampdoria aspettava risposte. L’ultimo, piccolo ma significativo, verdetto era arrivato prima ancora di scendere in campo: lo “scudetto” ligure era blucerchiato dopo lo 0-3 dello Spezia contro il Napoli, per via della miglior differenza reti per la squadra blucerchiata. Non erano gli ultimi 90 minuti a poter cambiare il bilancio dell’annata. C’era una missione da compiere – salvarsi – e la squadra e Giampaolo – l’avevano portata a termine. «Noi abbiamo un compito e faremo di tutto e di più per realizzarlo, poi toccherà alla società», aveva detto mesi fa il tecnico abruzzese nell’intervista esclusiva a Telenord di Giampiero Timossi. Ieri Giampaolo ha ribadito, con una chiarezza e una sincerità disarmanti: «La Sampdoria riparte necessariamente e dovrà farlo nel migliore dei modi. Con chiarezza e con una programmazione più o meno lineare. Dovrà risolvere alcuni problemi che ci sono. E questa e una partita che deve giocare il club, che devono giocare loro, i dirigenti, i presidenti e quanti altri, e spero si faccia il prima possibile e nel migliore dei modi». Parole chiare, oneste, senza fronzoli e dirette, senza uso di politichese applicato al calcio.
Perché Giampaolo può piacere – per la sua onestà intellettuale, la sua voglia di non essere mai calcisticamente banale, di proporre sempre qualcosa, per la sua applicazione totale – o no – per certe spigolosità tattiche che fanno parte forse del suo dna – ma sulla sua disponibilità a lavorare, e a lavorare per la causa sampdoriana non ci piove. Anche nella prospettiva di un impegno a lunga scadenza, fosse pure decennale, ha confessato nei giorni scorsi in un’intervista al Secolo XIX, per costruire un ciclo, lavorando sui giovani. Ma con chiarezza di progetto, appunto.
E, nelle sue parole, c’è un concetto chiaro, c’è una frase di sette parole che dice tanto, se non tutto: «Dovrà risolvere alcuni problemi che ci sono». Per esempio, abbracciare una linea univoca, far sentire all’allenatore e al suo staff le spalle coperte, sempre. Evitare che all’interno del club possano esserci correnti, che non sono soltanto spifferi fastidiosi e pericolosi, ma discendenti diretti della politica nei partiti della prima repubblica: io tiro di qua, io di là, insomma anteporre gli interessi personali a quelli comuni. La punta dell’iceberg, l’esempio più lampante di una situazione che porta all’equivoco, lo sanno anche i bambini di fede blucerchiata, è quella di due uomini per un ruolo solo, nella fattispecie Faggiano e Osti, a prescindere dalla buonafede. Qui si parla di due teste che producono, inevitabilmente, idee diverse.
«Tutti gli uomini dello staff tecnico sono sotto esame», ha detto Marco Lanna, intervenuto a “Forever Samp” su Telenord mercoledì scorso. Anche Giampaolo, dunque, anche se sarà da lui, al 95% che si ripartirà, salvo che una nuova proprietà subentri in tempi brevissimi portando una rivoluzione a tutti i livelli.
Ma il presidente Lanna, che ha fatto uno splendido lavoro nel ricucire i rapporti con una tifoseria disamorata e delusa, sa che quasi certamente lil suo compito non si esaurirà tanto in fretta (a meno che non prosegua anche con una nuova proprietà, e questa sarebbe una buona notizia). Tocca a lui ripartire, guidare l’operazione chiarezza in società e la programmazione della nuova stagione. Sempre mercoledì scorso a Telenord, il presidente ha anticipato che Quagliarella sarebbe rimasto come giocatore, che non c’era nulla di concluso sull’eventualità di trasferimento di Caputo alla Lazio e che, soprattutto, Sabiri sarà un punto di partenza. Ecco, questo dev’essere un punto fermo, il punto fermo da cui cominciare la programmazione per l’immediato futuro. Il giocatore di origine marocchina non è stato solo il miglior arrivo del mercato di gennaio e la rivelazione della seconda parte di stagione: è arrivato sulla base di un accordo eccellente (restano da saldare tre rate annuali intorno ai 300 mila euro ciascuna), ha qualità, faccia buona, spavalderia e doti tecniche, la voglia di mettere in mostra le une e le altre. Non ha ancora 26 anni, ed è un simbolo. Ripartire da lui significa calibrare un progetto di squadra su chi da voglia di dare e intenzione di dare di più. Oltretutto, cederlo ora, anche se le richieste non mancheranno, sarebbe miope perché il valore dell’attaccante è destinato a crescere. Si dovrà ripartire da lui e, verosimilmente, uno dei due portieri sarà sacrificato, e la scelta potrebbe essere dettata dalle opportunità, cioè, dalla legge di mercato. Emil Audero è un numero 1 ritrovato, Wladimiro Falcone ha mostrato qualità indubbio, sarà la società a scegliere. Scegliendo uomini che possano mostrare senso di appartenza e abbiano margini di ulteriore crescita, pare ovvio puntare su Ferrari, sull’Augello ritrovato del finale di stagione. Non avrebbe senso perdere l’uomo che, nonostante una flessione nel girone di ritorno e problemi di adattamento al modulo di Giampaolo, ha messo insieme il miglior apporto di qualità nella stagione, in termini di gol e assist, e parliamo ovviamente di Candreva. Quagliarella potrà chiudere la carriera da quarantenne in campo, dando ancora molto, purché calibrato senza l’affanno che le emergenze di quest’anno hanno generato. Bonazzoli potrebbe rientrare alla base dopo una buona stagione: 10 gol lui (con 2 rigori), 11 Caputo (senza rigori). Uno dei due potrà essere sacrificato al bilancio, verosimilmente il più anziano (se sarà necessario), ma solo in base a un’operazione valida e non a una svendita. Gabbiadini tornerà ed è ben felice di restare, ma il suo recupero prosegue graduale e non avrebbe senso accelerarlo correndo dei rischi: non sarà recuperato in pieno per il raduno estivo, probabilmente viaggerà in ritardo di un mese o due rispetto ai compagni. E poi, se appunto, dovesse partire uno fra Bonazzoli e Caputo, servirebbe un altro attaccante non troppo giovane e non troppo anziano da garantire doppia cifra e intese tattiche con i compagni. E qui la parola spetterà a Giampaolo, o chi per lui.
Lavoro da fare, tanto, come si vede. Programmi da mettere a punto, chiari, non equivoci. «Il prima possibile e nel migliore dei modi». Appunto.