Roma, parte la corsa al Quirinale: nel pomeriggio la prima votazione

di Marco Innocenti

Il 3 febbraio scade il settennato di Sergio Mattarella: entro quella data i 1.009 i grandi elettori dovranno eleggere il 13esimo Presidente della Repubblica

Dopo settimane di trattative, telefonate, caccia ai voti, oggi pomeriggio scatta ufficialmente la corsa al Quirinale, con la prima votazione per eleggere il successore di Sergio Mattarella. Il suo settennato scadrà esattamente il prossimo 3 febbraio, dopo essere stato eletto il 31 gennaio del 2015 al quarto scrutinio. Per quella data, quindi, i cosiddetti grandi elettori dovranno aver trovato una quadra, un nome intorno al quale far convergere i voti necessari per eleggere il 13esimo Presidente della storia della Repubblica. Ma chi sono i "grandi elettori"? E come si elegge il capo dello stato?

Con il termine "grandi elettori" si indicano i 1.009 soggetti designati ad esprimere il proprio voto per l'elezione del presidente della repubblica. Si tratta dei 630 deputati e i 315 senatori, ai quali vanno aggiunti anche 6 senatori a vita, più i 58 delegati regionali (tre per ogni regione, ad eccezione della Val d'Aosta che ne esprime uno). Per la Liguria, in aula, oltre ai parlamentari eletti nella nostra regione, saranno presenti il governatore Giovanni Toti, il presidente del consiglio regionale Gianmarco Medusei e, in rappresentanza della minoranza, l'esponente del Pd Pippo Rossetti.

Il quorum necessario per l'elezione del presidente della repubblica è di due terzi degli aventi diritto (quindi 673) nei primi tre scrutini, per scendere poi alla maggioranza assoluta (quindi 505) dal quarto scrutinio in poi. Le votazioni, solitamente, si svolgono in seduta comune ma questa volta, stante le norme anticovid, ci si è dovuto organizzare diversamente: si procederà ad una sola votazione al giorno e gli elettori accederanno all'aula di Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, scaglionati per appartenenza e in ordine alfabetico, a gruppi di non più di 50, così da permettere la sanificazione dei locali. Si comincia alle 15, con i senatori a vita, poi i senatori eletti, i deputati ed infine i delegati regionali.

Alla fine, dopo una lunga trattativa, è stato trovato anche il modo di far votare i positivi al covid, che ad oggi sembrano essere una trentina. Il vero problema era far sì che potessero esprimere il proprio voto in sicurezza e con la necessaria segretezza, visto che il voto per l'elezione del capo dello stato dev'essere segreto. Voteranno in un seggio appositamente allestito in un'area di parcheggio all'esterno della Camera.

Le operazioni di voto prevedono una doppia chiamata per ognuno dei 1.009 grandi elettori che, fino alla scorsa elezione, accedevano ai cosiddetti "catafalchi" (delle cabine appositamente allestite con delle tende per garantire la riservatezza del voto) per poi depositare la scheda con il nome in una delle urne, dette "insalatiere". Stavolta, sempre a causa del covid, niente tende ma delle cabine create appositamente per questo periodo pandemico. Le tende, infatti, sarebbero state più difficili da sanificare. Al termine della doppia chiamata al voto, si procede allo scrutinio.

Ogni grande elettore sulla propria scheda può esprimere qualsiasi nome, con l'unico limite imposto dalla Costituzione dei 50 anni d'età. Ed è per questo che, nel corso degli anni e delle votazioni, dall'urna di Montecitorio sono spesso usciti nomi che non mancavano di scatenare anche qualche sorriso. Questi sorrisi, però, sono normalmente inversamente proporzionali al numero degli scrutini svolti: più aumentano gli scrutini e meno c'è da ridere, insomma. Giorno dopo giorno, votazione dopo votazione, ma soprattutto vertice dopo vertice, i partiti sentono crescere la pressione e l'esigenza di trovare la convergenza intorno ad un nome il più possibile condiviso.

Anche stavolta, peraltro, nessuno ha i numeri per "correre da solo": l'area del centrodestra, delegati regionali compresi, conta 451 grandi elettori, escludendo la presidente del Senato Casellati che, per prassi consolidata, non dovrebbe votare. Partito Democratico, LeU e Movimento 5 Stelle, dal canto loro, possono contare su 407 grandi elettori, escludendo anche qui il presidente della Camera Fico. A questi numeri vanno poi aggiunti quelli di Italia Viva (44 votanti), Centro Democratico (6), Movimento Italiani all'estero (2), Azione-Più Europa (5) e Alternativa (18).

Ci sono poi il Gruppo Misto che conta 65 grandi elettori, le Minoranze linguistiche (10) e altri 11 fra deputati e senatori fuoriusciti da varie sigle nel corso della legislatura. Ultimi ma non meno importanti ai fini dell'elezione, i senatori a vita, che sono 6: Elena Cattaneo, Mario Monti, Giorgio Napolitano, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre.

Dopo la rinuncia, ufficializzata ieri, di Silvio Berlusconi, la domenica pre-voto si è consumata fra incontri, telefonate e veti incrociati, che fanno presagire un primo scrutinio da "fumata nera". La mancata intesa fra i partiti maggiori, infatti, potrebbe essere il preludio ad una votazione con molte schede bianche, in attesa che maturino le condizioni per l'individuazione di un nome condiviso. Difficile, quindi, se non del tutto impossibile, che si possa eguagliare il record di Ciampi e Cossiga, eletti entrambi al primo scrutinio, ma da scongiurare assolutamente sarebbe soprattutto il record opposto, quello dei 23 scrutini resisi necessari per eleggere Giovanni Leone nel 1971, con appena il 52% dei voti. Prima di allora, il primato era detenuto da Saragat che nel 1964 arrivò al 21 scrutinio, con il voto che si svolse anche nel giorno di Natale. Nelle ultime due elezioni, Napolitano e Mattarella, bastarono 4 scrutini.