Rigori ed espulsioni pro-Bari, ma che ce ne importa: siamo il Genoa. E vinciamo anche "di corto muso"

di Gessi Adamoli

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Rigori ed espulsioni pro-Bari, ma che ce ne importa: siamo il Genoa. E vinciamo anche "di corto muso"
Vietato girarsi a guardare quello che succede dietro. Sarebbe un segnale di debolezza assolutamente non giustificato dall'autoritario cammino della squadra rossoblù che nelle 19 partite con Gilardino alla guida (in pratica un intero girone) ha conquistato 44 punti, perdendo una sola volta (a Parma), pareggiando cinque match e vincendo tutti gli altri. Insomma, il Genoa ha la possibilità, dopo Cittadella più che mai, di essere artefice del proprio destino. La matematica dice che con sette punti nelle ultime quattro partite il Genoa sarà promosso e di punti ne basterebbero anche soltanto quattro a patto di non perdere lo scontro diretto col Bari all'ultima di campionato.
 
“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”, però questo lo sosteneva Agatha Christie, probabilmente la più grande giallista di sempre. Per carità nessuno vuole credere ai complotti interplanetari, certo, però, che è curioso come ultimamente il Bari usufruisca con straordinaria regolarità del vantaggio dell'uomo in più, spesso e volentieri corredato anche da un calcio di rigore. Quello che è successo a Pisa, poi, è un qualcosa ai confini della realtà per quanto riguarda la direzione di gara del giovane e dunque inesperto arbitro Colombo che è cugino d'arte. E' parente infatti di Raffaele Colombo (sembra sia stato proprio lui a convincerlo ad intraprendere la carriera arbitrale) che in Liguria conosciamo molto bene per essere uno dei direttori di gara di pallanuoto più quotati (anche se in un recente Lavagna - Sori ha sollevato non poche polemiche). L'autorevole e imparziale Gazzetta dello Sport, con il suo inviato Nicola Binda, ha bocciato con un 4 la direzione di gara dell'arbitro di Como, giudicando frettolosa l'espulsione di Nagy (si era appena al 13') e non potendo fare a meno di sottolineare come nell'azione che ha portato al rigore decisivo ci sia stato un tocco dell'arbitro e dunque il gioco andava fermato. Deve essere anche un tipino permaloso il signor Colombo che in una partita del campionato Primavera riuscì a far squalificare per proteste Paolo Maldini al quale tutto il mondo del calcio ha sempre riconosciuto grandi valori di sportività ed educazione. Permaloso al punto da rispondere piccato ai dirigenti del Pisa che a fine partita chiedevano spiegazione del perché non avesse fermato il gioco: “Andatevi a leggere il regolamento... Non sono obbligato spetta a me decidere se farlo o meno...”. Certo che è a sua discrezione, come lo è annullare o meno un gol segnato con la mano. Ma se non lo fa commette un errore da matita blu. Un errore gravissimo di valutazione, ma non un errore tecnico. E dunque non è prevista la ripetizione della partita
 
E dire che, per una volta, anche il Genoa aveva potuto fare il Bari ovvero usufruire di un'espulsione a favore e godere del vantaggio dell'uomo in più. E col vantaggio della superiorità numerica il campo diventa in discesa come proprio la partita di Cittadella dimostra. I numeri, così indigesti a certi miei compagni di viaggio nelle trasmissioni sportive di Telenord, dicono che il Bari ha avuto per 12 volte (record della categoria) un avversario sanzionato col cartellino rosso (12 anche i rigori a favore, anche questo è un primato ma da condividere col Palermo). Tutto questo quando il Genoa di Gilardino aspetta di calciare ancora il suo primo rigore.
 
Il Gila si è meritato sul campo la tessera numero 2 del club dei risultatisti, la numero 1 spetta di diritto ad Allegri che è anche il socio fondatore. La vittoria per “corto muso” di Cittadella è arrivata attraverso una partita non spettacolare ma estremamente efficace. Del resto proporre bel gioco contro un avversario “brutto, sporco e cattivo”, proprio come nella tradizione del calcio di provincia di una volta, era estremamente complicato. Attribuivano a Nereo Rocco, il mitico Paron che nella vicina Padova aveva inventato il catenaccio, questa affermazione per caricare i suoi giocatori: “Daghe a tuto quel che se move su l'erba. Se xe el balon, no importa”. Bene, Gorini ai suoi giocatori deve aver dato più o meno lo stesso input. Il direttore sportivo Marchetti se l'è presa con l'arbitro Dionisi dell'Aquila, ma il direttore di gara di fronte a certe rudezze tipiche del calcio degli anni 50, all'insegna di “o gamba o palla”, non ha fatto altro che applicare il regolamento. Anzi, all'inizio ha provato a essere tollerante e manca un giallo per un'entrata durissima di Salvi su Criscito (giusto applicare la regola del vantaggio ma, terminata l'azione, doveva estrarre il giallo). Piuttosto è umoristica l'ammonizione a Coda (accolta in maniera plateale dal tecnico Gorini come se fosse un dono piovuto dal cielo), il centravanti del Genoa ha provato una conclusione al volo ma ha involontariamente colpito il difensore avversario che era stato bravo e svelto ad anticiparlo. Alla fine sono stati nove i cartellini gialli rimediati dal Cittadella contro i due del Genoa, per altro il Bari avrà modo di godere anche di questa situazione perché nel prossimo turno affronterà proprio la squadra veneta che si ritroverà con tre giocatori squalificati.
 
Dopo l'espulsione di Giraudo molti si aspettavano Puscas in campo già dal primo minuto, ma Gilardino ha provato a non abbandonare quel 3-5-2 che gli permette di rischiare pochissimo (a Cittadella c'è stato il diciannovesimo clean sheet della stagione). Ha deciso di aumentare la batteria d'attacco solo al 18' della ripresa, inserendo oltre all'attaccante rumeno anche Dragus, inventandolo terzino al posto di Criscito, per dare più spinta sulla fascia. Mosse perfettamente riuscite, anche se, sfondando dalla sua parte, il Cittadella ha creato l'unica seria opportunità per pareggiare.
 
E ora tutti a Bolzano o sul divano davanti alla tv. E il Bari? Ma chi se ne importa. Noi siamo il Genoa!
 
(foto Facebook - Genoa Cfc)