Riaperture: certezze e dubbi
di Paolo Lingua
In linea di massima, ma come si era capito da parecchi giorni, il giro di boa di fine aprile e il mese di maggio vedranno riaperture parziali e graduali. La “quasi” normalità, salvo brutte sorprese sul piano dei contagi, dovrebbe tornare a giugno per una riapertura totale, sia pure con tutte le precauzioni possibili, da luglio in poi. Le istituzioni nazionali e regionali, a essere sinceri, oscillano strattonate da diverse e opposte istanze. Da una parte c’è chi punta su regole ferree, controlli e limiti perché, come nel recente passato, si temono nuove ondate di ripresa della pandemia. Dall’altra si vorrebbe accelerare un ritorno alla vita normale per acciuffare i vantaggi economici generali che dovrebbero arrivare dalla stagione delle vacanze.
Obiettivamente i rischi di chiusure, di fallimenti, di perdite di lavoro non sono chiacchiere. Sono amare realtà e lo dimostrano anche le proteste e le manifestazioni di piazza. Il commercio generalizzato, volendo fare un’analisi macroeconomica, ha certamente sofferto molto – a eccezione del settore alimentare – ma la ripresa, sia pure graduale, sarà possibile con un ritorno graduale alla normalità. Il cittadino ha in gran parte bloccato le spese nei prodotti di evasione o anche nell’abbigliamento superfluo, ma si riavvicinerà a un comportamento più disponibile alla spesa man mano che ci si riavvicinerà a un modello di vita e di costume pre-pandemia. Più difficile e complessa è la situazione di bar, ristoranti, pizzerie che non hanno gradito i prossimi quaranta giorni di aperura solo all’aperto e con il serale blindato alle 22.
Un tentativo di allargare i tempi alle 23 e di offrire la possibilità di aperture al chiuso per i clienti già vaccinati è stato vano. Ci hanno provato molte regioni, tra le quali la Liguria, e in particolare a livello politico la Lega, oltre ovviamente Fratelli ‘Ital9ia che sono all’opposizione. I ministri della Lega come è noto si sono astenuti nella riunione di consiglio che ha messo a punto le decisioni definitive, anche se hanno annunciato che mantengono il loro sostegno al governo, nonostante la palese irritazione di Mario Draghi. Siamo di fronte a una ripresa del dibattito politico in parte silenziato dal nuovo governo? Difficile a dirsi. Ma è evidente, come molti osservatori hanno messo in luce, che Salvini non vuole lasciare lo spazio a Fratelli d’Italia (alleato e rivale al tempo stesso) per gestire i malumori e gli scontenti, anche per il timore di una perdita di voti in vista delle amministrative dell’autunno e di quelle, anche più importanti e strategiche, della primavera del 2022.
Per questo la Lega ha puntato a farsi paladina dell’atteggiamento critica di gran parte dei titolari di bar e ristoranti già messi in ginocchio da mesi e mesi di chiusura, sia pure evitando fratture irreversibili nei confronti del governo. Salvini spera forse ancora in qualche recupero parziale al momento del voto in Parlamento, ma l’esito è tutt’altro che scontato, perché, in particolare i vertici sanitari che sono i consiglieri diretti di Draghi e del suo staff sono tutt’altro che ottimisti al cento per cento e spingono per una intensificazione delle vaccinazioni. A tutt’oggi siamo ancora su una media giornaliera che si aggira sulle 300 mila dosi. Siamo quindi ancora distanti dalle 500 mila auspicate dal generale Figliuolo, anche se si va in crescendo e alcuni dati danno dei miglioramenti generali, anche se non eclatanti per il momento.
Accanto quindi al piede su un cauto acceleratore, c’è un piede che gioca di frizione e di freno. Almeno per i prossimi quaranta giorni, il settore dei bar e dei ristoranti dovrà stringere i denti, salvo sorprese . La ripresa parziale riguarderà per ora il 40% del potenziale di settore, con limiti pesanti alle presenze serali, per via dell’orario e per i dubbi sullo stato generale del clima. Sono gli ultimi effetti negativi, e speriamo che siano davvero gli ultimi, della tragica pandemia che ci ha colpiti.
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