Recovery Fund per un salto di qualità del porto di Genova

di Paolo Lingua

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Recovery Fund per un salto di qualità del porto di Genova

E’ meglio, per il momento, andarci piano sulle enunciazioni di carattere generale (e generico) per lo sviluppo dell’economia italiana. Una buona tranche di quei agognati 209 miliardi andranno certamente alla Liguria, sia per attività produttive, sia per infrastrutture che da anni e anni attendono (invano). Ma certamente un punto di riferimento fondamentale per l’economia del territorio resta comunque il porto che è l’azienda più importante e quella più qualificante sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Nelle ultime settimane il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Signorini, in genere prudente e cauto, è uscito più volte allo scoperto per ribadire gli impegni di maggior peso che attendono lo scalo.

Signorini ha annunciato la sua intenzione di ricandidarsi alla presidenza per un secondo mandato e ha più che buone chances per la riconferma che sarà frutto di un accordo (di fatto) tra il governo e gli enti locali, in particolare la regione. Dato che, sulla base dei sondaggi che hanno preceduto l’attuale momento di silenzio, la riconferma di Giovanni Toti appare più che probabile, appare evidente che Toti premerà sul ministro De Micheli e, dato che è assai probabile, come si sussurra, che al porto della Spezia-Carrara, potrebbe andare un nuovo presidente vicino al centrosinistra, le possibilità di Signorini aumentano, visto che Toti premerà a suo favore. Signorini comunque ha spezzato una lancia a favore dell’opera pi impegnativa che da tempo è attesa nel porto di Genova, ovvero lo spostamento della Diga Foranea più al largo con il conseguente dragaggio dei fondali .

E’ urgente – anzi per molti aspetti siamo già in ritardo – disporre di un porto che sia in grado di accogliere le navi da carico, in particolare i portacontainers di ultima generazione che hanno un tonnellaggio assai maggiore della media delle attualità unità in servizio. L’obiettivo è incrementare i traffici e gli spostamenti delle merci, sfruttando l’efficienza del porto di Genova e la sua posizione strategica nel Mediterraneo e nei collegamenti con il centro dell’Europa. Sono anni che si parla dello spostamento della diga, ma adesso Signorini sembra aver abbracciato il progetto a 360 gradi. In particolare è diffusa l’opinione (ma mancano per ora le verifiche a livello governativo) di affidare la realizzazione dello spostamento della diga e gli altri interventi connessi a un commissario, riprendendo l’esperienza del “modello Genova”.

Ovviamente, in questo specifico momento, l’atmosfera politica condiziona spot, annunci e slogan. Ma il progetto strategico per il porto dovrebbe rientrare nel contesto delle proposte da inviare all’Europa e c’è da sperare che si recuperino davvero i fondi al più presto, anche perché il completamento delle operazioni e il funzionamento del nuovo sistema recettivo (che potrebbe anche comportare una modificazione delle banchine per gli attracchi delle nuove unità) dovrebbe decollare entro il 2030, Ma si spera anche prima. Accanto alla questione della diga, il porto di Genova è alla vigilia di altri importanti interventi quali il ribaltamento a mare della Fincantieri (anche di questo si parla da anni), che implica un altro ruolo strategico del porto nel solco di una tradizione di eccellenza che dura, se vogliamo fare un tuffo nella storia, da secoli, in un momento in cui ci sono richieste per realizzare nuove e moderne navi, sia  passeggeri sia merci. Anche per il ribaltamento a mare potrebbe essere istituita una gestione commissariale? Le prospettive vanno chiarite, così come per altri interventi importanti ma di minore ma non trascurabile entità quali gli interventi su Ponte Parodi e per il recupero dell’Hennebique. Signorini punta su tutto anche per rafforzare le sue chances di riconferma. I porti italiani hanno avuto, a i tempi del ministro Del Rio, alcune modifiche importanti di gestione, ma è indubbio che si dovrebbe fare di più. Occorrono più capacità operative e meno burocrazia. Più facile a dirsi che a farsi.