Processo Cella, analisi genetiche compromesse: lo spiega la biologa forense Daniela Scimmi
di Emilie Lara Mougenot
La biologa forense Daniela Scimmi in aula: DNA misto e di pessima qualità, le comparazioni non offrono certezze
Daniela Scimmi, biologa forense e già referente dell’unità delitti insoluti della polizia scientifica, ha confermato in aula la scarsa affidabilità dei risultati genetici ottenuti nella riapertura delle indagini sul delitto di Nada Cella. “La qualità dei campioni era talmente bassa da rendere i profili solo potenzialmente confrontabili, spesso indistinguibili”, ha dichiarato.
Materiali compromessi – Le analisi effettuate dal 2021 hanno riguardato solo una parte dei reperti. Secondo la testimone, “i profili genetici estratti non consentono identificazioni certe”. Il DNA rilevato, ha spiegato, era misto e in larga parte deteriorato. “Mancava il cromosoma Y, ma ciò non basta per affermare che il contributore fosse una donna: la parte minoritaria poteva non essere stata amplificata, pur essendo presente”.
Criticità metodologiche – Scimmi ha sottolineato anche i limiti legati alle modalità con cui i reperti vennero gestiti all’epoca dei fatti. “Sono stati toccati da più persone e non contestualizzati. Non c’era la stessa attenzione nella conservazione della scena. Bastava appoggiarsi a una poltrona per lasciare una traccia genetica”. Questo, ha detto, compromette il valore delle evidenze successive.
Indicazioni tecniche – Secondo le raccomandazioni scientifiche più aggiornate, i profili con tali caratteristiche non sono idonei alla comparazione per identificazione. “Sono considerati profili solo potenzialmente confrontabili – ha chiarito – e in certi casi si sconsiglia espressamente di utilizzarli a fini identificativi”. Per questa ragione, la biologa ha definito “non significativa” la parte genetica del lavoro condotto.
Tecniche del passato – La biologa ha evidenziato inoltre quanto fosse complesso raccogliere e conservare tracce genetiche trent’anni fa, in un’epoca in cui la sensibilità delle tecniche di rilevamento era molto inferiore a quella attuale." Oggi, basta toccare una penna per lasciare un frammento di DNA, mentre nel 1996 non si operava con lo stesso livello di cautela e precisione, ci voleva una grande quantità di materiale per poterlo analizzare”. Questo ha reso i reperti di allora, anche se conservati, estremamente fragili sotto il profilo scientifico.
Rianalisi e confronti – Una parte dei materiali è stata affidata in perizia al professor Giardina dell’Università di Portogruaro. Il laboratorio di genetica forense della polizia ha eseguito alcuni confronti con tamponi buccali, utili soprattutto per escludere che il materiale biologico fosse attribuibile a persone presenti sulla scena del crimine. “Anche questi risultati vanno presi con le pinze – ha spiegato – sono utili solo a fini investigativi, ma non hanno forza probatoria sul piano scientifico”.
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