Genova, processo Ponte Morandi: i tanti "non ricordo" dell'ingegnere testimone chiave
di Riccardo Testa
Livia Pardi realizzò report sul ponte dopo interventi del 1993. Il Presidente del collegio: "Obbligata a dire la verità"
Una lunga sfilza di "non so", "non ricordo", "mi pare" che hanno esasperato la Corte, tanto che più di una volta il presidente del collegio Paolo Lepri è stato costretto a ricordarle che è "obbligata a dire la verità". E' andata avanti così per quasi sette ore la testimonianza di Livia Pardi, ingegnere di Autostrade, sentita nel processo per il crollo del ponte Morandi, che causò 43 vittime il 14 agosto 2018.
Pardi è una testimone chiave perché realizzò il report sul ponte, subito dopo i lavori di rinforzo sulla pila 11 nel 1993, insieme a Michele Donferri Mitelli, uno degli imputati e all'epoca del crollo numero tre di Aspi. In quel documento venne scritto che "nonostante l'esiguo campione i cavi esaminati, i due stralli della pila 9 - quella poi crollata - sono sicuri e non è necessario un intervento di ripristino a medio intervento. Mentre sulla 10 il tempo limite di intervento è intorno al 2030".
Pardi, interpellata più volte non ha saputo spiegare come mai sia stato dato quel termine. L'udienza è stata interrotta più volte per permettere all'ingegnere di riprendere "fiato" e riordinare le idee.
«Nel 2016 il mio dirigente Di Taddeo - che siede tra gli imputati - mi disse di togliere il Polcevera dall'elenco delle opere da sottoporre a verifica sismica. Mi dissero di farlo perché c'era uno studio in corso sul tema. Sulla pila 11 vennero installati i cavi esterni, sulla 10 venne messa una placca di acciaio. Sulla pila 9, infine nel documento scrissero che "poiché gli stati di corrosione erano più limitati sia nei cavi secondari che principali, non si è proceduto ad alcun intervento. Il monitoraggio nel tempo dello stato di conservazione dei cavi è assicurato dall'installazione di un sistema di controllo continuo". Sistema di monitoraggio i cui cavi vennero tranciati alcuni anni dopo, e mai sostituito».
Alla fine dell'udienza di oggi il pubblico ministero Walter Cotugno si è scusato con gli avvocati per la frase detta lunedì ("inutile abbaiare ancora"). A inizio udienza era stato lo stesso segretario della Camera penale ligure Nicola Scodnik a dire di chiudere l'incidente diplomatico cancellando la frase dal verbale.
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