Ponte Morandi, i legali dello Stato: "Autostrade non poteva ricostruire". Ma la Procura smentisce
di Fabio Canessa
M5s all'attacco: "Aspi vuole guadagnare sulla disgrazia"
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"Oggi sui monconi residui del Ponte Morandi gravano gli effetti di un sequestro penale che, con valenza ed efficacia del tutto autonoma rispetto ai contenuti del decreto Genova, ha sottratto ad Aspi qualsiasi possibilità di intervento sullo stesso". È quanto scrive l'Avvocatura dello Stato nella memoria presentata al Tar di Genova sul ricorso di Autostrade (scaricala qui)
Gli avvocati Novaresi e Bonomo, in rappresentanza di Presidenza del Consiglio, Mit e struttura commissariale, hanno chiesto di rigettare l'istanza di Autostrade contro il 'decreto Genova' che ha escluso la società dalla demolizione e ricostruzione di Ponte Morandi e alcuni decreti del commissario Bucci.
Secondo i legali di Autostrade, la decisione di affidare i lavori in deroga alla concessione sarebbe illegittima perché "ingiustificata". La decisione avrebbe un "carattere punitivo in assenza di qualsivoglia accertamento di responsabilità" e violerebbe i principi di libera concorrenza garantiti dalla Costituzione dalle norme europee.
La tesi dell'avvocatura, a sostegno della linea politica del Governo, è che Autostrade non avrebbe mai potuto mettere mano alla demolizione in base al decreto di sequestro della Procura, che tuttavia ha consentito l'accesso alle imprese incaricate dei lavori.
La realtà però è più complessa. "Il problema non è Aspi. In presenza di un sequestro probatorio ogni tipo di attività deve essere autorizzata e compatibile con le esigenze dell'accertamento peritale. Questo a prescindere dal soggetto", spiega il procuratore capo Francesco Cozzi. "Per ipotesi, i tecnici di Autostrade avrebbero potuto accedere al viadotto con tutte le necessarie autorizzazioni. In astratto non esiste incompatibilità. Certo, questo avrebbe comportato una cautela ancora maggiore. E probabilmente avrebbe potuto ritardare ancora di più l'esecuzione dei lavori".
La Procura, insomma, smentisce la tesi dell'avvocatura e apre spiragli che potrebbero portare Autostrade a vincere il ricorso. E, ipoteticamente, a trarre un guadagno indiretto dalla vicenda, come sostiene la capogruppo M5s in Regione, Alice Salvatore: "È possibile ipotizzare che Autostrade per l’Italia abbia una copertura assicurativa tale da coprire i costi di ricostruzione del ponte e che le consenta poi battere cassa allo Stato, al Mit, per chiedere alla fine dell'anno un aumento dei pedaggi autostradali a copertura, quantomeno, dell’aumento del premio assicurativo, ma forse anche degli ipotetici lavori di ricostruzione. Ciò non solo senza spendere un euro, ma generando profitto per la stessa Concessionaria".
Nella memoria dell'Avvocatura si accenna infatti ai lavori di retrofitting, classificati come "interventi migliorativi", e cioè "quelli che comportano aumenti del pedaggio per l’utenza autostradale o prolungamenti infiniti di un rapporto concessorio ormai snaturato nei suoi elementi essenziali". E ancora: "Potrebbe anche profilarsi l'esigenza di un'istanza di accesso - nell'ambito di un rapporto convenzionale improntato a lealtà e buona fede - per acquisire copia delle polizze assicurative e verificare quanto, del danno conseguente al crollo del ponte Morandi, effettivamente gravi su Aspi e quanto sulle Compagnie di assicurazione del gestore autostradale".
Fabio Canessa
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