Piciocchi e sua moglie Emma, una vita tra amore, famiglia e il senso profondo della politica
di Matteo Cantile
Dall’incontro casuale in parrocchia fino al matrimonio e alla scelta di servire Genova, il racconto privato del candidato e di sua moglie
Una storia di amore, sacrificio e impegno civile: Pietro Piciocchi, candidato sindaco per il centrodestra a Genova, e sua moglie Emma aprono a Telenord le porte della loro vita privata, raccontando con sincerità il cammino condiviso che li ha portati a costruire una grande famiglia e a vivere la politica come missione quotidiana.
Incontro e innamoramento – "Ero al conservatorio, ho visto passare un ragazzo e ho detto che bel ragazzo", racconta Emma. Un colpo di fulmine condiviso con un’amica, che ha dato inizio a una serie di incontri casuali per le strade del quartiere. "Poi l’ho rivisto in parrocchia, dove ci siamo conosciuti meglio. All’inizio ero io quella insistente", ricorda lei con un sorriso. Dopo un mese, la decisione: "Vai, ci piacciamo, avanti".
Matrimonio e sacrifici – "Abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo", dice Pietro. Quando si sono sposati, Emma lavorava in una struttura per anziani, stipendio di 700mila lire al mese. Lui aveva appena iniziato il praticantato forense e non percepiva reddito. "Senza l’aiuto dei nostri genitori non ce l’avremmo fatta". La scelta di sposarsi presto fu criticata: "Mi prendevano per pazzo, oggi ci chiamano pazzi per la nostra famiglia così grande".
Il giorno del matrimonio – Tra emozione e aneddoti, Piciocchi ricorda: "Quella notte dormii benissimo, contro ogni previsione. Però mi dimenticai il cellulare acceso, e durante la celebrazione fortunatamente non suonò. Ma fu il primo rimprovero da parte di mia moglie". Il viaggio di nozze porta un altro ricordo: "Suo padre ci chiamò e chiese se avevamo già litigato. Mi sembrava una domanda assurda, poi rientrammo a Genova e, due giorni dopo, litigammo per una sciocchezza".
Convivere e conoscersi – "Litigavamo di più prima", confessa Pietro, "oggi so cosa le dà fastidio e cerco di evitarlo". Poi si commuove: "Non riesco a pensare alla mia vita senza Emma. È un pezzo di me. Anche in Consiglio comunale l’ho voluta ringraziare: porta un carico enorme, e gliene sono grato".
Vita pubblica e privata – Quando Piciocchi ha iniziato a lavorare con l’amministrazione Bucci, Emma era preoccupata: "Sembrava non ce la potesse fare, troppe difficoltà. Ma piano piano ha preso le misure di questo lavoro, che non ha orari, né margini per programmare nulla. Però condivido con lui l’ideale di lavorare per la città".
Autenticità e riservatezza – "Non mi è mai interessato postare, fare foto, mostrarmi", dice Emma. "Ora un po’ le cose sono cambiate, ma senza perdere la nostra naturalezza. Mostriamo quello che siamo, perché le persone cercano autenticità". E aggiunge: "Anche per lui è difficile esternare certe cose, ma lo facciamo insieme".
Routine e valori familiari – La casa è il centro della loro vita: "Ci ritroviamo al mattino tra le 6,30 e le 8, ognuno fa colazione quando può. A pranzo non ci siamo tutti, ma la sera cerchiamo di stare insieme". Il momento della tavola è sacro: "In un mondo veloce, è lì che ci fermiamo, parliamo, ci ascoltiamo".
Famiglia e senso civico – "Abbiamo sempre desiderato una famiglia numerosa e ci siamo riusciti. È il dono più grande", dice Piciocchi. "Mia moglie mi ha sempre sostenuto. Ho scelto di candidarmi anche per loro. I miei figli mi stimolano, discutiamo spesso. Mi tengono ancorato al mondo giovanile".
Lavoro e responsabilità – Il lavoro quotidiano per la città è fatto di problemi reali: "Ogni giorno riceviamo persone che hanno bisogno. Questo è per me il senso più autentico della politica. Non è comunicazione, è servizio". Ricorda anche l’alluvione a Certosa: "Mi sono messo a spalare alle otto, non c’era nessuno. L’ho fatto perché era naturale farlo".
Rapporto umano e politica – "La politica deve tornare a essere relazione", sottolinea. "Se tanti non votano, è perché non sentono più il contatto umano. Noi dobbiamo essere punti di riferimento. Anche con i nostri errori: io ho sempre chiesto scusa. Voglio restare me stesso, senza forzature".
Visione della città – "Mi hanno detto che potrei fare il sindaco perché so gestire situazioni complesse, ma la vera sindaca dovrebbe essere Emma, è lei il pilastro organizzativo". Poi uno sguardo al futuro: "Voglio che la gente capisca che ci prendiamo carico dei loro problemi. Come quando una mamma sfrattata è venuta da me: il suo problema deve essere il problema del sindaco".
Impegno e memoria – "Quando è crollato il ponte Morandi ero sotto il ponte di ferro di Certosa, vicino agli sfollati. Mi sentivo a casa. Sono nate amicizie che durano ancora". La fatica è grande: "Quando aiuti un padre a trovare lavoro e ci riesci, è una sensazione meravigliosa. Lavoro dalle quattro del mattino alle undici di sera. Mia moglie si arrabbia, ma è così".
Motivazione personale – "I miei genitori sono morti tra il 2022 e il 2024. Potevo fermarmi, tornare alla mia professione, ma penso a ciò che mi hanno insegnato: chi ha ricevuto, deve restituire. È il motivo per cui continuo".
Una visione per Genova – Guardando ai prossimi vent’anni, Piciocchi immagina una città moderna, viva, internazionale: "Voglio una Genova con giovani protagonisti, anziani valorizzati e un forte senso di comunità. In un mondo individualista, il Comune deve costruire legami solidi. Voglio poter dire, fra vent’anni, che ho contribuito anch’io a qualcosa di bello".
Per restare sempre aggiornati sulle principali notizie sulla Liguria seguiteci anche su Whatsapp, su Instagram, su Youtube e su Facebook.
Altre notizie

Piciocchi e Salis si sfidano alla Sala Cap, primo confronto sui temi chiave della città
03/05/2025
di Matteo Cantile


Elezioni, il generale Vannacci a Telenord: “Sinistra divisa, noi sviluppo e sicurezza”
03/05/2025
di Carlotta Nicoletti - Matteo Cantile