Parte da Genova il primo percorso nazionale per la gestione di pazienti con la cirrosi epatica
di Redazione
Elaborato dall'Asl 3 è stato presentato ieri mattina in un convegno a Quarto. È stato pubblicato anche sul Libro Bianco dell'Alcologia italiana
Elaborato dalla Asl3 genovese il primo PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) sull’encefalopatia epatica nel paziente cirrotico. Lo studio, presentato ieri mattina a Quarto, è frutto di un importante lavoro di équipe multidisciplinare, che per la prima volta abbina la gestione ospedaliera del paziente con cirrosi a quella territoriale. Tra le più importanti novità del percorso l’introduzione in corsia del caregiver formale, figura innovativa con funzione di “ponte” tra paziente-famiglia (caregiver informale)-associazioni di riferimento e servizio sanitario.
“Abbiamo sviluppato – spiega Luigi Carlo Bottaro, Direttore Generale Asl3 di Genova – il nuovo modello applicando i principi della “medicina di condivisione” che pone al centro del percorso i bisogni e le istanze del paziente, dei famigliari e delle associazioni di malattia, che, insieme al servizio sanitario, rappresentano i cardini dell’intero sistema di cura. Abbiamo potuto realizzare questa iniziativa – conclude Bottaro - grazie alla grande esperienza nel settore delle malattie epatiche che, abbinata alla profonda conoscenza del territorio, ci consente oggi una più adeguata gestione del paziente affetto da cirrosi epatica. Una patologia, come tutte le malattie croniche, che incide fortemente sulla qualità della vita del malato e della sua famiglia”.
Il “metodo Asl3” è stato pubblicato sul Libro Bianco dell’Alcologia Italiana del Ministero della Salute ed è al momento adottato, oltre che in Asl3, dal Centro Alcologico Regionale Toscano dell’Ospedale Careggi di Firenze e dal Centro Universitario per lo Studio ed il Trattamento delle Patologie Alcol-Correlate dell’Università di Ferrara.
L’encefalopatia epatica è una complicanza molto frequente nel paziente cirrotico, dal 20% all’80% dei casi si manifesta in modo più o meno rilevante. Si tratta nello specifico di una problematica neurologica che non permette al fegato di svolgere una delle sue funzioni più importanti: la detossificazione.
“Con questo approccio multidisciplinare – spiega Gianni Testino, responsabile scientifico dell’evento e direttore della SC Patologia delle Dipendenze ed Epatologia Alcol Correlata Asl3 – i pazienti avranno un minore disagio organizzativo e una migliore evoluzione clinica con una riduzione significativa dei “ri-ricoveri” impropri al Pronto Soccorso. Tra gli altri vantaggi una migliore gestione del trapianto a livello di integrazione ospedale-territorio, una riduzione del sovraccarico emozionale/organizzativo del familiare caregiver, una migliore comunicazione delle famiglie con le associazioni di riferimenti e con i servizi della comunità. L’applicazione di tale metodologia consente anche un efficientamento dei costi a fronte di un sensibile miglioramento del percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale”.
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