Panama sfida la Cina: si riapre la partita per i terminal del Canale

di R.S.

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La Procura generale del Paese ha intentato due azioni legali per dichiarare incostituzionale l’estensione del contratto

Panama sfida la Cina: si riapre la partita per i terminal del Canale

La gestione dei terminal container di Balboa e Cristóbal, situati alle due estremità del Canale di Panama, torna al centro del dibattito politico e giudiziario. Il governo panamense ha infatti avviato una revisione del contratto con Panama Ports Company, controllata al 90% dalla cinese Ck Hutchison, puntando a rivedere l’attuale concessione trentennale, prorogata nel 2021 senza gara pubblica.

La Procura generale del Paese ha intentato due azioni legali per dichiarare incostituzionale l’estensione del contratto, accusando l’accordo di essere stato "unilaterale e lesivo per gli interessi nazionali", con un impatto economico stimato fino a 1,3 miliardi di dollari di perdite per lo Stato.

Il presidente José Raúl Mulino ha espresso pieno sostegno all'iniziativa, dichiarando concluso il rapporto con l’attuale gestore e proponendo una nuova gestione pubblico-privata dei porti, in collaborazione con un consorzio guidato da BlackRock e Terminal Investment Limited (MSC).

Questa mossa arriva nel contesto di un'operazione globale da 23 miliardi di dollari per la vendita di 43 terminal Ck Hutchison, con cui Pechino vorrebbe mantenere una presenza strategica nella regione. Ma la posizione del governo panamense – apparentemente in linea con le pressioni statunitensi per contenere l’influenza cinese sul Canale – va in tutt'altra direzione.

Ora la palla passa alla Corte Suprema di Panama, chiamata a decidere sulla validità dell’accordo firmato nel 2021. In gioco, non solo la sovranità economica del Paese, ma anche gli equilibri geopolitici di uno dei passaggi marittimi più strategici al mondo.

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