Omicidio di Nada Cella, in aula le minacce di Annalucia Cecere alla criminologa Delfino Pesce

di Emilie Lara Mougenot

3 min, 27 sec

A 29 anni dalla tragedia, la testimone chiave racconta la sua indagine: «Un lavoro per la verità»

Omicidio di Nada Cella, in aula le minacce di Annalucia Cecere alla criminologa Delfino Pesce

Si è aperta oggi una nuova udienza del processo per l’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa brutalmente nel 1996 nello studio di via Marsala, a Chiavari. Una vicenda ancora senza un colpevole definitivo, che ha ripreso vigore grazie al lavoro ostinato di chi ha voluto riaprire il caso dopo oltre vent’anni. Proprio due giorni fa, il 6 maggio, è ricorso il triste ventinovesimo anniversario dell’omicidio. Nell’aula del tribunale di Genova, il momento più intenso è arrivato con l’ascolto degli audio in cui Annalucia Cecere, oggi imputata per l’omicidio, minaccia la criminologa Antonella Delfino Pesce. Una testimonianza carica di tensione, che ha lasciato l’aula in silenzio.È stata proprio Delfino Pesce, con un lavoro autonomo e meticoloso sui fascicoli archiviati, a far riemergere elementi determinanti che hanno portato alla riapertura dell’indagine nel 2021. Chiamata oggi a deporre, la criminologa ha ricostruito in aula il percorso che l’ha condotta a riportare l’attenzione su un caso che sembrava ormai dimenticato.«È stata la mia prima volta in corte, un’esperienza emotivamente forte, dura ma necessaria. Lo si fa perché si vuole la verità», ha dichiarato Delfino Pesce, visibilmente provata. A darle forza, ha detto, è stato il legame con Silvana, la madre di Nada, che non ha mai smesso di credere nella giustizia.

L’analisi dei dati e il “verbale dei bottoni”

La svolta è arrivata tra il 2017 e il 2019, quando Delfino Pesce ha deciso di riesaminare tutta la documentazione disponibile con un approccio scientifico. «Ho trattato i dati come si fa in genetica: raccolta, catalogazione, incrocio. Le ipotesi nascono dai dati, non il contrario», ha spiegato. Un lavoro rigoroso che ha condotto alla scoperta del cosiddetto “verbale dei bottoni”, un documento trascurato che si è rivelato cruciale per la riapertura del fascicolo.

I rapporti con Soracco e l’incontro a Boves

Durante la sua deposizione, la criminologa ha raccontato anche del suo iniziale rapporto con Marco Soracco, datore di lavoro di Nada Cella. «All’inizio eravamo amici, ci confrontavamo spesso. Ma quando il caso è stato riaperto, nel 2021, i rapporti si sono raffreddati e lui non mi disse più nulla». Un altro momento chiave è stato il viaggio a Boves, nel luglio del 2019. È lì che Delfino Pesce ha incontrato Annalucia Cecere, che nel frattempo si era risposata e aveva avuto un altro figlio.
L’incontro, avvenuto nel giardino dell’abitazione, fu inizialmente cordiale. Si parlò della Liguria, di vecchie conoscenze, fino a quando Delfino Pesce menzionò Adelmo Roda, ex fidanzato della Cecere. «In quel momento il suo volto cambiò, divenne freddissima», ha raccontato. Nei giorni successivi, le comunicazioni tra le due si fecero sempre più aggressive: «So dove abiti, domani mattina mi trovi davanti al cancello», è una delle frasi contenute nei messaggi inviati dalla Cecere. In un altro audio, affermava: «Tanto lo so perché siete venute qua, siete venute per il delitto di Chiavari», facendo riferimento anche a Soracco.
La criminologa, colpita dalla piega presa, tentò di ristabilire un contatto, ma Cecere interruppe ogni comunicazione. In aula, l’ascolto degli audio ha lasciato spazio a un gelo palpabile.

Due ex conoscenti raccontano: «Esuberante, determinata a sistemarsi»

A contribuire alla ricostruzione della personalità di Annalucia Cecere, oggi imputata, sono stati anche due uomini che l’hanno conosciuta in momenti diversi della sua vita. Entrambi, ascoltati in aula come testimoni, hanno delineato il ritratto di una donna dal temperamento acceso, «esuberante, enfatica», e fortemente orientata alla ricerca di una stabilità, sia affettiva che sociale. Uno di loro ha raccontato di aver convissuto con Cecere per alcuni mesi, al suo arrivo nel Cuneese. Un periodo breve, ma sufficiente, secondo il testimone, per coglierne la determinazione e l’insofferenza verso situazioni di precarietà. «Nel 2021, dopo anni senza contatti, mi scrisse di nuovo», ha dichiarato in aula. «Sembrava agitata, preoccupata."

 

Per restare sempre aggiornati sulle principali notizie sulla Liguria seguiteci anche su Whatsapp, su Instagramsu Youtube e su Facebook.