Nuova presidenza del porto e tutti i problemi da risolvere
di Paolo Lingua
Sono in corso le procedure (e le manovre politiche immancabili) per le nomine dei presidenti dei porti italiani, quasi tutti in scadenza. Si tratta di scelte non solo burocratiche, ma anche strategiche, anche se l’attuale governo, in ben altre faccende affaccendato, cercherà di evitare, in tutta Italia, i possibili contrasti. In realtà la riforma dei porti italiani, realizzata dall’ex ministro Del Rio, è stata una rivoluzione a metà, perché le autorità portuali non hanno ottenuto quel tipo di potere esecutivo peculiare delle imprese private, cosicchè il gioco delle scelte nazionali e locali resta spesso sospeso, senza una conclusione rapida ed efficiente. Occorrerebbe una spinta per aumentare i poteri decisionali delle autorità portuali, pur mantenendo a livello nazionale una cabina di regia che tenga conto delle esigenze superiori e degli interessi e delle strategie nazionali.
Un equilibrio non facile che ha già scatenato non poche perplessità e polemiche. Tra le autorità portuali in questione, c’è anche quella che riguarda l’asse di Genova-Savona. Ma, dopo alcune illazioni degli scorsi mesi, sembra ormai che o vada una riconferma di Paolo Signorini che, pure, molti indicavano in partenza per Roma, con delicati incarichi ministeriali. Signorini, gestore scafato in chiave burocratica e prudentemente operativo, sembrava destinato a un settore dirigenziale del ministero del trasporti, ma, in extremis, a quanto parte, sembra riconfermato quasi certamente a Palazzo San Giorgio. A Genova non lo attendono momenti di tranquilla gestione diplomatica, ma problemi vitali non sono per il territorio ma per le ricadute nazionali considerata l’importanza di Genova a livello nazionale e internazionale. Certo, Genova e la Liguria da mesi sono prigioniere d’una morsa del sistema di trasporti e di comunicazione a livello nazionale con effetti assai pesanti anche sul piano internazionale. Ma, se non alla fine di luglio, si punta per la fine di agosto a una ripresa del funzionamento delle ferrovie e delle autostrade.
La “liberazione” del trasporto dovrebbe consentire una crescita del potenziale merceologico, che è la chiave dello sviluppo e del ruolo del sistema dei porti del Tirreno nord-occidentale dopo un periodo decisamente pesante frutto del crollo del ponte ex Morandi e oggi San Giorgio e dai lavori in corso sulle linee autostradali che hanno “strozzato” il territorio. Ma i problemi che il presidente Signorini dovrà affrontare nei prossimi anni riguardano in particolare l’assetto interno dello scalo. Incombe, come ci è capitato di scrivere molte volte, la questione della recettività. Oggi le navi, sia crocieristiche sia le porta-containers, hanno stazze assai superiori rispetto al più recente passato e per mantenere un potenziale di concorrenza occorre rendere, in termini concreti, il porto più spazioso. Di qui l’urgenza di allargare a mare la diga foranea il cui assetto risale più di settant’anni fa, oltre che di dragare i fondali per consentire l’approccio di queste navi. La vicenda dello spostamento della diga va avanti da troppi anni ed è necessario che, sia pure per recuperare i finanziamenti (già sulla carta), l’Autorità Portuale spinga a fondo sul governo cui spetta il via libera definitivo. Poi ci sono altre questioni: il nuovo assetto dell’ Hennebique sempre più fatiscente e la messa a punto delle nuove recettività per i traffici crocieristici visto che Genova è un caposaldo della Msc e, in parte, della Costa Crociere.
Deve essere risolto il nodo del blocco – su un progetto sbagliato, mai attuato e superato – del Ponte Parodi. Infine occorre puntare in tempi stretti sul ribaltamento a mare della Fincantieri, anche questo un progetto annoso sul quale tutti si dichiarano d’accordo ma di cui si rimanda la spinta operativa, pur avendo la Fincantieri molte importanti commesse che potrebbero essere smistate a Genova. Poi ci sono non poche problematiche sempre sospese, come la definitiva sistemazione dei depositi petroliferi Carmagnani e Superba che dovrebbero (ma da quanto lo si dice?) lasciare la zona di Multedo. La strategia della gestione portuale dovrebbe poi arrivare, in termini politici (nel senso più ampio), al superamento d’un sistema di veti incrociati pe rendere funzionale e concorrenziale lo scalo a livello internazionale. Tutto questo vorrebbe dire fare di Genova e del suo sistema un “gioiello” portuale. Ma il problema è superare la burocrazia e puntare alla velocizzazione delle soluzioni, molte delle quali potrebbero procedere autonomamente. Sarà possibile recuperare una parte dei fondi europei messi a punto in questi giorni? Sarà possibile affidare, in alcuni casi, delle gestioni commissariali? Questa è la vera sfida di Genova e molto sarà nelle mani del presidente Signorini se, come pare, resterà per alcuni anni ancora a Palazzo San Giorgio.
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