Non è chiara la mappa del Pd
di Paolo Lingua
Non è chiara, a essere sinceri, la linea di marcia del “nuovo” (la segreteria di Enrico Letta) Pd. In realtà, per quel che riguarda un po’ tutti i partiti, le “novità” sono decisamente relative, perché le strutture portanti – molto deboli – restano le stesse. E sono difficili i cambiamenti e le crescite in un momento storico tutto particolare come quello che, purtroppo, tutti stiamo vivendo. E, in effetti, la pandemia, con tutte le difficoltà che emergono giorno dopo giorno, è un blocco fisiologico alla vita normale: e la politica, come tanti aspetti della vita sociale, soffre le medesime difficoltà che sono poi di azione e operative. Per questo, non è chiaro come potrà muoversi Gianni Letta: quello che resta delle sezioni e dei cosiddetti “circoli” è una geografia che boccheggia. Sono scese le organizzazioni strutturali territoriali, sono scesi gli iscritti e gli attivisti.
La crisi del partito che in molte regioni e in molti grandi comuni è finito all’opposizione ha di fatto fermato possibili cooptazioni nella società civile. In realtà il mondo delle professioni, dell’impresa di infinite attività non è di fatto più attratto dalla politica, che non suscita più non solo passioni ideologica ma neppure ambizioni personali di carriera. Questa situazione specifica danneggia più gli spazi della sinistra che della destra che da sempre, ma in particolare in questi ultimi trent’anni (dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica), ha puntato a far leva sull’opinione pubblica generalizzata per creare consenso. Il campo da arare per farlo tornare fecondo di Enrico Letta presenta dunque questa obiettive difficoltà che non sono semplici da superare anche perché, per restare nella metafora, non esiste per ora un concime miracoloso che renda nuovamente fertili i raccolti. Non solo: il governo Draghi, per il momento, ha ingessato la politica, anche quella spicciola, assorbendo i momenti decisionali.
D’altro canto non emergono, neppure in questi giorni, progetti e programmi operativi originali e determinati. In realtà la “jus soli” o il voto ai sedicenni non sono al centro delle esigenze del momento. Oggi si è coinvolti sono nella lotta alla pandemia e nella ricerca di una ripresa economica. Ma proprio a quest’ultimo aspetto non sembrano emergere idee chiare e programmi precisi. E i dubbi sui contenuti del Recovery Plan crescono di giorno in giorno. E non si capisce con chiarezza se mancano le idee oppure tutti temono che una spregiudicata politica alla Keynes, con investimenti sulle grandi opere e sui settori produttivi, possa apparire impopolare.
Eppure molti esperti dovrebbero sapere che non si può vivere di assistenzialismo per acciuffare alla bell’e meglio il consenso popolare. Letta, comunque, ha già la prima gatta da pelare con la candidatura di Gualtieri al comune di Roma, anche se non si sa ancora quando si voterà. I grillini, con cui dovrebbe allearsi, sembrano ancora ancorati alla Raggi contro la quale il Pd nel recente passato ha sempre sparato a zero. E allora? Ma cosa accadrà a Torino dopo l’annunciato ritiro delle Appendino, anche questa una elezione che ha visto Pd e M5s su barricate opposte? E che accadrà a Milano dove l’uscente sindaco Sala ha annunciato il suo passaggio al movimento dei Verdi? In Liguria si annunciano le prime riunioni, ma c’è già chi vorrebbe le dimissioni della segretaria regionale e anche di quelle provinciali, anche perché il partito ha subito alle regionali dell’autunno scorso la più pesante sconfitta elettorale della sua storia e nessuno ha mosso un dito per fare autocritica.
I liguri poi che sono ai vertici del partito non godono un grande favore da parte della base e nei consigli regionale e comunali si ha la sensazione che i residui dei colonnelli (ma sarebbe meglio chiamarli capitani) vadano ciascuno per conto proprio. Nei giorni scorsi si è anche parlato di Savona che è il comune maggiore della regione dove si voterà ma per il momento l’asse con i grillini e con Leu non sembra facile da comporre. Tra l’altro, con non poca confusione (come sempre) si inseguono i sondaggi e non si ha una facile analisi di come si evolveranno i mutevoli e ondivaghi rapporti di forza.
Per il momento solo la pandemia ha il sopravvento su tutto.
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