Minore travolto e ucciso da uno scooter: con i genitori risarcito anche il patrigno
di Michele Varì
Il giudice riconosce il rapporto di affetto che il ragazzo aveva con il nuovo compagno della mamma
L'amore e l'affetto non si misurano solo con i legami di sangue nè tantomeno con i gradi di parentela ufficiali. Lo conferma una sentenza di un giudice civile del tribunale di Genova che nel valutare i risarcimenti dovuti per la morte di un diciassettenne travolto e ucciso da uno scooter a Sestri Ponente ha stabilito che oltre ai genitori e ad altri familiari di sangue il conducente del veicolo investitore deve risarcire anche il patrigno con cui il ragazzo conviveva e aveva uno splendido rapporto da 4 anni.
È stato l'avvocato civilista Paolo Cevasco a dimostrare con alcuni testimoni e altri elementi che il diciassettenne aveva un'intesa bellissima con il nuovo compagno della mamma e per questo anche lui andava risarcito.
I due si frequentavano anche fuori dalle mura domestiche e partecipavano insieme ad eventi sportivi, culturali e religiosi nella chiesa evangelica. Certo le cifre che andranno alla mamma, al padre e ai fratelli sono molto superiori rispetto a quelle del patrigno, ma solo perché il rapporto dell'uomo con il figlio acquisito esisteva da poco tempo.
In tutto i familiari del ragazzo, ecuadoriano come tutti i congiunti e il patrigno, come disposto dal presidente della seconda sezione del tribunale civile Domenico Pellegrini riceveranno oltre 700 mila euro: fra i beneficiari anche i quattro nonni e i fratelli e altri familiari, molti dei quali vivono ancora in Ecuador, ma con cui il ragzzzo aveva mantenuto un solido rapporto d'affetto.
La tragedia costata la vita al giovane avvenne alle ore 19 del 2 luglio del 2014 in via Puccini, di fronte alla stazione ferroviaria di Sestri Ponente: il ragazzo dopo la scuola attraversò la strada di corsa per prendere il treno per tornare a casa, a Marassi. Per salire su quel regionale in arrivo attraversò di corsa le strisce pedonali con il semaforo rosso. Il conducente della moto, un infermiere di 39 anni neo assunto in un ospedale, è passato dalla parte della ragione a quella del torto perché, come hanno dimostrato le indagini della sezione Infortunistica polizia locale e le nitide immagini delle telecamere, sfrecciava a velocità folle, 108 km/h, visto che si tratta di una strada urbana, e aveva un alto tasso di alcol eccessivo nel sangue.
Per questo lo scooterista è già stato condannato in sede penale con il rito abbreviato a un anno e sette mesi per omicidio colposo aggravato dalla velocità e dallo stato di alterazione in cui si era posto alla guida.
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