Maturità, le tracce 2023 come una bussola senz'ago nel labirinto Italia
di Stefano Rissetto
L'esame di maturità è un ossimoro, una contraddizione con se stessa: l'età adulta non si raggiunge attraverso il superamento di una prova culturale, ma senza avvedersene. Sentirsi maturi è qualcosa di imperfetto. Le tracce proposte quest'anno agli studenti, come spesso accade dalla consumata destrutturazione del concetto stesso di "tema", concretano un labirinto: sembrano prove della "Settimana Enigmistica", più che richieste doganali per l'accesso all'università, a sua volta decostruita tra sedi decentrate e declinazioni telematiche.
Quarant'anni esatti fa, ai maturandi era toccata una frase di De Sanctis sul paradossale Leopardi: l'osservatore di oggi invidia così chi ha potuto misurarsi nel tempo con Montale ("Ripenso il tuo sorriso", 2008) o addirittura con "La via ferrata" di Pascoli, lo scorso anno.
Quest'anno, reindossando la veste del candidato, ci si sente pervasi da un senso di incertezza. Come di fronte a ogni scelta epocale, l'animo inquieto tende a orientarsi verso tutte le strade, oppure nessuna. Il ministero ha infatti indicato un album dissonante di voci della nostra cultura italiana, tanto che deciderne una è già disvelamento delle intenzioni. A dar retta alla tendenza letteraria, la traccia più seduttiva è il Moravia che da borghese redige una feroce autopsia della borghesia veteronovecentesca, a torto considerata un fossile quando invece è un calco antropologico, che fa da matrice a un inesorabile tipo umano collettivo che si riproduce mimetico nel tempo. Si aspettava al varco il governo "di destra", nella speranza o timore di un'escogitazione di parte, da un Marinetti a - perché no? - un Pinketts, se non addirittura a un testo di Marco "Morgan" Castoldi o Franco Battiato. Si era perfino vagheggiato un omaggio trasversale a un antichista come Roberto Vecchioni, 80 anni tra pochi giorni e cantore neoclassico del nostro presente.
Invece è spuntato Quasimodo, un Nobel malgrado se stesso, per giunta con un testo che sembra più attingere alla vena di Rodari, se non a quella di Lelio Luttazzi o del duo Fo-Jannacci, a proposito della Luna naturale e di quelle artificiali. Era questa la traccia forse più sdrucciolevole ed eccentrica, per uno svolgimento giocabile su una molteplicità di piani, sul tema del progresso scientifico e della perdita dell'aura, sui limiti dell'essere umano e sul suo posto, sempre più messo in discussione, nell'universo. La prova "gemella" a quella del poeta rimandava al giornalista culturale Marco Belpoliti, per un'analisi sul senso del limite della giovinezza e sul desiderio di assoluto: tensioni che mezzo secolo fa, appunto, erano culminate nella conquista del nostro satellite. E che avrebbero forse meritato, tornando al Vecchioni classicista, un segnale verso i numerosi riferimenti del suo canzoniere alla figura di Alessandro Magno, magari in parallelo all'"Alexandros" del già citato Pascoli.
La traccia senz'altro più impegnativa era lo scritto di Federico Chabod, insigne tra gli italiani nonostante, che invita lo studente a una presa d'atto della riuscita solo parziale del progetto involontariamente compartecipato da Cavour e Mazzini sull'idea di "Nazione", vocabolo che nel lessico meloniano sistematicamente sostituisce "Paese". Esiste una nazione italiana? Vasta questione, difficile da condensare in una prova scolastica, sia pure l'ultima.
Probabile che in molti abbiano scelto di misurarsi con la traccia di Piero Angela, più per la suggestione della figura del divulgatore appena scomparso che per il valore di una prova, appunto, diretta alla semplificazione e alla presentazione in termini universalmente accessibili di questioni complesse. Purtroppo non tutto è per tutti e l'idea che lo possa diventare è l'annacquamento che ci annega, la morte dell'arte - diceva J. Rodolfo Wilcock già negli anni Settanta - per affollamento.
Che sul tavolo del ministero venisse calata una carta di Oriana Fallaci era ampiamente prevedibile; non così la sostanza del riferimento, che rimanda a un pessimismo quasi leopardiano sull'immutabilità delle pulsioni umane, sempre le stesse a dispetto di latitudini e calendario. C'è infine stata la polemica tra l'ex ministro Patrizio Bianchi e il successore Valditara, a proposito di una lettera di rimprovero in tempo pandemico, una questione accademica divenuta politica.
Che cosa resterà di questo, e degli altri, temi di maturità? Un ricordo frettoloso e indistinto, un semaforo ché tanto non c'è nessuno e quindi si passa lo stesso. Ci penserà la vita a venire, a predisporre i veri esami. Non necessariamente scritti.
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