Luoghi, volti e memoria del lavoro: a Genova la fotografia racconta le trasformazioni dell’impresa italiana
di Simone Galdi
Sabato 10 maggio alla Fondazione Ansaldo, ultimo incontro del ciclo “Una Rete in Viaggio”, con archivisti e fotografi a confronto
La fotografia come strumento per raccontare la storia del lavoro e delle sue trasformazioni è al centro dell’ultimo appuntamento di “Una Rete in Viaggio”, il ciclo promosso da Rete Fotografia che sabato 10 maggio 2025, dalle 10:30, fa tappa a Genova presso la Fondazione Ansaldo con il focus “Luoghi e forme del lavoro”.
Archivi storici – La giornata conclusiva coinvolge archivi di rilievo nazionale, da Fondazione AEM a Fondazione ISEC, dal Museo Nazionale del Cinema alla Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala. L’iniziativa mette a tema i diversi modi in cui la fotografia ha documentato nel tempo gli ambienti produttivi, i cambiamenti nei ruoli lavorativi, le identità collettive e il rapporto tra fabbrica e territorio. Un percorso che valorizza il patrimonio fotografico come fonte di riflessione storica e sociale.
Acquisizioni recenti – Tra i materiali inediti presentati spiccano quelli dell’archivio fotografico di Eduard Safarik, storico dell’arte di origini ceche, recentemente acquisito dalla Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala. I negativi e le stereoscopie su vetro offrono uno sguardo dettagliato su infrastrutture, cantieri e grandi eventi come l’Esposizione Universale di Parigi del 1900, restituendo visivamente il lavoro umano nelle trasformazioni urbane e industriali tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
Condizioni lavorative – Giorgio Bigatti della Fondazione ISEC si concentra sulla documentazione fotografica delle imprese Breda e Marelli a Sesto San Giovanni. Le immagini raccontano la distinzione tra meccanica pesante a prevalenza maschile e elettromeccanica con significativa presenza femminile, offrendo una lettura sul cambiamento dei ruoli di genere, il conflitto sociale e le connessioni tra fabbrica e città. “Attraverso queste immagini si ricostruiscono relazioni complesse tra produzione, società e territorio”, sottolinea Bigatti.
Identità aziendale – Federica Miotti, per Fondazione AEM, propone una lettura del rapporto tra spazio aziendale e lavoratori, dalle immagini degli anni Trenta in cui il dipendente è elemento dell’ingranaggio produttivo, alla progressiva valorizzazione dell’identità collettiva nel dopoguerra. Il materiale d’archivio racconta anche il lavoratore fuori dalla fabbrica, attraverso rubriche e reportage visivi, come quelli dei fotografi Paolo Moreschi e Adolfo Ferrari.
Modernità industriale – Il contributo del Museo Nazionale del Cinema, presentato da Roberta Basano, ruota attorno all’opera di Vittorio Zumaglino. Fotografo amatoriale e giornalista, negli anni Trenta raccontò la Torino del ventennio fascista ritraendo fabbriche, cantieri e operai come simboli della modernità. “L’uomo e la macchina convivono in un racconto coerente, dove ogni soggetto è parte di un sistema in mutamento”, osserva Basano. L’archivio, donato dalla figlia Piera, custodisce oltre 28.000 fotografie.
Produzione fotografica – Pietro Repetto di Fondazione Ansaldo riflette sulle forme del lavoro fotografico e sui processi che accompagnano la realizzazione delle immagini aziendali. “Dallo scatto alla stampa, fino alla pubblicazione: ogni fase è parte di una catena produttiva che richiede competenze specifiche”, spiega. L’archivio Ansaldo offre casi studio emblematici dell’uso della fotografia come strumento di comunicazione d’impresa.
Esperienze professionali – Infine, Isabella Colonnello porta una testimonianza diretta sull’evoluzione del lavoro fotografico in ambito aziendale. Attiva fin dagli anni Sessanta alla Foster Wheeler, ha affiancato fotografi come Gabriele Basilico e Toni Nicolini nella comunicazione visiva d’impresa, contribuendo alla produzione di materiale promozionale e alla costruzione dell’immagine aziendale nel tempo.
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