Liliana Segre a Telenord: "A 90 anni volevo andare in pensione, ma se ci sono ragazzi devo testimoniare"
di Redazione
La senatrice a vita riceve il premio Ipazia in un Duse gremito, dopo il colloquio con Lucia Annunziata
Accolta all'ingresso del teatro Duse dal sindaco Marco Bucci e dal consiglio della Comunità ebraica, la senatrice a vita Liliana Segre sottolinea il dovere di ricordare: "A 90 anni ho deciso di andare in pensione - ha detto a Telenord, all'ingresso al teatro Duse - e quindi dovrei tirare il freno. se però ci sono dei ragazzi non posso fare a meno di fare loro un saluto".
Al suo ingresso in sala, la senatrice è stata accolta da un grande applauso e tutti i presenti si sono alzati in piedi. Quindi è stato trasmesso un breve video riassuntivo delle prese di posizione pubbliche di Liliana Segre, a partire dal discorso tenuto, quale presidente pro tempore dell'assemblea, nella prima seduta del Senato della corrente legislatura, il 13 ottobre dello scorso anno: "In questo mese di ottobre- disse- nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato".
A dialogare con la Segre, è stata chiamata la giornalista Lucia Annunziata, tenendo un preambolo sul tema dell'eccellenza femminile. "Scarto tutto il negativo - ha premesso - sappiamo numeri e svantaggi e differenze salariali, il dolore delle vite perse, un omaggio a Giulia (applausi), ho fatto 16 anni di fila in tutte le guerre del mondo. Ho imparato una cosa: la leadership non è questione di numeri, forza, posti, ma di pura capacità di egemonia. E' un dato etico e morale che non si conquista con la supremazia. L'egemonia è la capacità di imporre un punto di vista senza scandali né compromessi. Le donne sono in grado di avere un'egemonia, ma non contro il maschio. Sabato ci sarà una grande manifestazione per Giulia: l'egemonia significa avere la capacità di avere più punti di vista. Amo moltissimo Liliana perché ha scelto una visione senza condanna, una condanna non è necessaria se si sopravvive integri come lei".
LA BANALITA' DEL MALE - Ricordando il momento in cui, quattordicenne, nel lager avrebbe potuto uccidere un kapò, con la pistola sottratta, la Segre dice: "Nella mia vita ho privilegiato fare scelte. Io non avrei mai potuto uccidere nessuno, neppure quel nazista. Non ho mai trovato le parole per dirlo, quell'orrore. In quel momento ho capito che non ero come lui. Ora ho 93 anni e sono quella che sono, ma le parole per dire Auschwitz non ci sono. Ho letto Primo Levi, tanti sopravvissuti di varie nazionalità. Nessuno ha trovato le parole per dirlo. Nemmeno nelle fiabe dove ci sono gli orchi. Il prototipo della banalità del male è Eichmann, che dice 'io ho eseguito gli ordini'. E se uno vede quei visi non li trova strani, non so che fine abbia fatto il comandante del campo. Ero viva per caso, era una cosa meravigliosa essere vivi. Sulla banalità di questi personaggi penso: ci sono anche oggi, ci sono sempre stati. Il tuo vicino di casa, gentile e premuroso, alla riunione condominiale si trasforma in un essere che per una lampadina potrebbe accoltellarti".
"SONO LIBERA E DONNA DI PACE" - "I genitori di Turetta dicono 'E' un bravo ragazzo'. Uno qualsiasi, che si trasforma, ed è quella trasformazione lì che ci manca. Dobbiamo capire quella trasformazione: ha dei problemi, reputava superiore la ragazza... non sono spiegazioni e dobbiamo cercarle ancora. Quando entrarono in vigore le leggi razziali, io ero rimasta la stessa, così come le altre bambine. Mio papà disse alla maestra: venga a casa a consolare la mia bambina. E lei venne seccatissima, dicendo 'Ma non l'ho fatte mica io le leggi razziali' e se ne andò. Seccata. Delle 25 bambine in classe con me ne ho salvate 3, Maura Giuliana e Tilde, e siamo rimaste amiche tutta la vita. Io sono rimasta amica loro e delle loro famiglie, io la famiglia non l'avevo più. E siamo rimaste Amiche, con la A maiuscola, un dono che si può avere o non avere. Io ho tante amiche, ho lavorato tanto, molte non le sento più al telefono e qualcuna incontrandomi mi dice: dati gli ultimi eventi, ti sarai chiusa in casa per paura che ti capiti qualcosa? Sono libera e donna di pace".
NON ODIO E VENDETTA, MA MITEZZA E PACE - "Per 45 anni, fino ai miei sessanta, non ho mai parlato di questo argomento, non ne volevo parlare, non portavo le maniche corte, non c'erano tatuaggi, se qualcuno lo vedeva diceva 'guarda questa scema che si è fatta il tatuaggio'. I bambini mi chiedevano cosa fosse quel numero, rispondevo 'Te lo dirò quando sarai più grande'. Ho tre figli, tra i 60 e i 70 anni, loro hanno saputo da soli, per me è stato difficile affrontare coi miei figli questo argomento. Quando sono diventata nonna, per una che doveva morire a 14 anni, e io sono una nonna che si è sentita tale prepotentemente, purtroppo ho tre maschi ma mi sarei sentita meglio a essere presa sottobraccio da una figlia, quando sono diventata nonna sono diventata una testimone. Ma non sapevo se avrei trovato la voce. Cominciai aiutata da amiche che erano insegnanti: vedendo che non piangevo, che arrivavo in fondo, presi coraggio. Al Bologna, al PalaDozza, parlai a settemila studenti. E io mi chiedevo: mi uscirà la voce? Ma sapevo che mi sarebbe uscita. In trent'anni ho incontrato molti ragazzi, ho avuto alcune delusioni ma anche tantissime conferme che io raccontassi una storia sconosciuta dai più. Quanti sono i cittadini italiani di religione ebraica? I non ebrei, secondo l'Istat, credono un milione e mezzo, quando invece siamo 40mila. Parlare mi ha dato la sensazione che io facevo il mio dovere. Mi capita di incontrare persone che si ricordano di avermi ascoltata. E mi emoziona pensare a quel che ho ottenuto io, senza mai parlare di odio e di vendetta, ma di mitezza e di pace, anche se sono estremamente pessimista sul futuro dei prossimi cinquant'anni, forse cento, ci sarà una riga della Shoah nei libri di storia e forse col tempo neppure quella. Pensiamo alla storia degli armeni: nel 1915 ebbero un genocidio, vennero avviati in un deserto, morirono di fame e di stenti. Nel 2015, un secolo dopo, chi ha parlato degli armeni? Su questa storia, che peraltro vede molto contrari i turchi, se cento anni dopo salvo il libro della Arslan, salvo la testimonianza di un medico milanese non resta niente, se uno avesse parlato... invece, che cosa sai degli armeni?".
I BAMBINI SONO SACRI - "Che nei libri di storia ci sarà solo una riga sulla Shoah lo pensavo da tempo, la guerra attuale in Israele non mi ha condizionata. Pur venendo da una famiglia atea e laica, sento comunque che quando uno è ebreo dentro di sé ha qualche cosa che soltanto un altro ebreo potrà capire. Ho amato mio marito che era molto religioso, cattolico, ma tra me e lui non c'erano religioni di mezzo. La mia paura è ancestrale e profonda, tanto più avviandomi alla fine. Mia suocera era cattolica e religiosa e morì serena, io non sono serena avviandomi alla mia strada. Dal 7 ottobre da nonna provo qualcosa per i bambini: non devono essere toccati, i bambini sono sacri, di qualsiasi etnia colore religione, sono bambini. Tutte quelle che sono state mamme sanno che quando nasce un bambino, dopo il dolore, la prima cosa ti mettono in mano il neonato lo guardi come un miracolo: le mani che hanno già i segni che avranno da grandi. Questi bambini vengono toccati perché i genitori sono nemici tra loro, o vengono allevati per essere nemici. Questo è terribile".
Prima della consegna del Premio Ipazia, un gioiello a collana, il direttore del Teatro Nazionale Davide Livermore è tornato nel ruolo di cantante lirico, uno dei suoi abituali, intonando il Kaddish, il canto ebraico in memoria degli scomparsi. Quindi, la senatrice a vita è stata premiata dal sindaco di Genova Marco Bucci e dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
"Per noi è un piacere e un onore ospitare la senatrice Segre, è la seconda volta, la prima le demmo la cittadinanza onoraria e la possiamo considerare cittadina di Genova. Io personalmente considero Liliana un grande esempio di donna, di leadership: qualcuno che riesce a passare il proprio pensiero agli altri e gli altri lo accettano, ed è un pensiero di pace e amore che costruisce la nostra civiltà e quella del futuro per i giovani" ha detto Marco Bucci. "Oggi mi risulta difficile parlare - ha aggiunto Giovanni Toti - perché tutto quel che ho fatto scompare di fronte a quel che ho appena sentito. E' un premio alla vita, calcato su chi lo riceve. Se è stato scritto che il male può essere banale, il bene può essere mite, come mite è il tuo tono di voce. E quel che dici può essere forte come l'acciaio anche se espresso in modo mite".
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